Castronuovo di Sant’Andrea, il paese di Sant’Andrea Avellino e del Museo Internazionale della Grafica
Castronuovo di Sant’Andrea (PZ), ubicato all’interno del Parco Nazionale del Pollino, rappresenta il prototipo del paese lucano. Un paese ricco di segni, in tutti i sensi, dalle strade al bosco che lo sovrasta.
In special modo, c’è una piazza, Piazza delle Case Cadute, dove la maggior parte dei Castronovesi ha trascorso le ore più accese della propria infanzia, la quale, dal pavimento ai muri, è irrorata di segni lasciati dal tempo, dalle stagioni e dagli uomini. Gli stessi segni che, poi, attraversano tutta la storia dell’arte, dalla pittura delle caverne ad oggi.
Bisognava, allora, mettere in piedi un Museo che ripercorresse i segni del Novecento degli artisti di tutto il mondo, di quanti, le frontiere, non le hanno mai avvertite, in momenti in cui le lontananze di una volta sono state quasi del tutto azzerate.
Castronuovo di Sant’Andrea, appunto, è un paese di emigranti che hanno attraversato mezzo mondo, alle distanze di un tempo e a quelle di oggi. Un Museo della Grafica che racconti, quindi, il passato, e annunci il futuro è possibile anche in un piccolo paese della Basilicata che rappresenta tutti i piccoli paesi dell’universo. Necessariamente internazionale, oltretutto, per ragioni di linguaggio.
Un Museo che, mentre cerca di narrare le avanguardie del Novecento, dalla fine dell’Ottocento ad oggi, e, fissa raffronti tra il passato e il presente, si prepara, con la buona volontà di alcuni giovani, ad accogliere le esperienze del futuro.
Il Paese e il suo cuore pulsante: il centro storico
Castronuovo di Sant’Andrea, erto come un intarsio di pietre dure su di un costone, a 650 MT sul livello del mare, tra le valli del Sinni e dell’Agri, si mostra come visibilmente isolato, in quanto non riceve dall’esterno alcuna specie di direzione e di alimento, è come se gli strati superficiali fossero soli a respirare, come perduti in un sogno indolente, mentre danno mirabilmente vita all’identità della loro gente.
Stando ad una recente ipotesi storiografica, Castronuovo fu edificato dai Romani al tempo delle guerre servili, nel 70 A.C. Importanti ritrovamenti archeologici , rinvenuti nei territori di Marcellino, Tre Confini e Battifarano, tra cui una ricca necropoli e i resti (atrio, portici con colonne e pavimento) di una villa romana fiorita nel primo Impero, testimoniano che il luogo era già frequentato a quell’epoca; tuttavia, la fondazione del sito dove oggi sorge l’abitato, sembra risalire al periodo medievale (V – VI secolo D.C.), prescelto dalle popolazioni agresti, disperso nelle campagne perché più sicuro e difficilmente raggiungibile dagli invasori barbari.
Nel 1863, al toponimo di origine medievale, si aggiunge la specificazione “di Sant’Andrea”, quale gesto di venerazione verso il suo più grande cittadino.
Castronuovo, in pratica, esiste in un dato spazio, ossia in una natura come colline e masse di alberi, elementi materiali, alleggeriti dalle dimensioni pure dei corsi d’acqua e dalla linea di collimazione tra aria e terra bruna.
Il centro abitato, come un agglomerato di case vecchie e nuove, si cristallizza seguendo due matrici che si raccordano nella zona di San Rocco: la prima, situata a Nord, lungo l’asse portante di via Roma, è di recente formazione ed è costituita dai rioni Varazzo, Dietro le Croci, Catuna e prosegue fino a raggiungere le vie Lago, Santa Caterina e Parco della Rimembranza; l’altra, archetipica, è raccolta nei rioni Castello, Trappeto, Torre e Manca, strettamente racchiusi in muri simmetrici, senza che vi passi mai una vettura e che prendono l’aspetto di camere; queste viuzze esigue costringono i passanti ad avvicinarsi, a sfiorarsi costantemente, a prendere confidenza con l’altrui sguardo.
Nel centro storico castronovese non vi sono che incroci, rotture, deviazioni raccordati a cerchi irregolari, verticali barcollanti e superfici somiglianti a grandi transenne. Tutto osserva una simmetria delle più relative, formando, allo stesso tempo, dei piccoli capolavori di razionalità nei quali agisce la luce, che assorbe l’ossatura e la fonde in una struttura compatta.
Nei paesi di tipo “classico” ogni edificio vale per sé alla stessa stregua di un’opera d’arte risolta individualmente, chiusa in se stessa, dove strade e piazze sono soltanto un collegamento esterno di singole unità architettoniche. A Castronuovo, invece, il primum non è l’edificio singolo, ma ciò che lo lega agli altri in continuità figurativa, in una parola: il segno.
Il Palazzo Marchesale
Uno dei punti di maggiore interesse storico-architettonico del borgo antico di Castronuovo è indubbiamente costituito dal settecentesco Palazzo dei Marchesi Villano, che grava portentoso in PIazza Castello.
Su questa sorta di vibrante osservatorio a cielo aperto, si scorge tutta la bellezza dell’immensa vallata, costellata di piccole case bianche sparse, mentre, sullo sfondo, dalle catene montuose del Pollino e dall’aguzza Serra Dolcedorme s’irradia la luce infinita e quasi celestiale del mattino e quella rossastra del crepuscolo.
Il Palazzo Marchesale, comprendente il portico della zona inferiore, si presenta denso di ombre rapprese tra il valico dell’arco ed ha maggior peso rispetto alla grande superficie superiore, che si spalanca alla luce e dove i piccoli rosoni quadrilobi, posti sul cornicione interno, ne sciolgono il ritmo uniforme, attenuano le ombre, compiendo l’unità ritmica della parete.
L’edificio, dimora nei secoli dei Signori del feudo di Castronuovo, esisteva già al tempo della baronia normanna e del dominio della famiglia dei Chiaromonte che possedeva l’intera bassa vallata del Sinni. A Giacomo Sanseverino, Conte di Tricarico (MT), al quale Margherita, ultima discendente dei Chiaromonte, portò in dote le terre di Castronuovo, si deve un primo ampliamento del Palazzo.
Nel Settecento fu abitato dai Marchesi Villano che ne detennero il possesso fino al 1893 quando, per debiti di gioco, come vuole la voce popolare, tutti i beni immobiliari della famiglia furono venduti all’asta. Da un inventario redatto nel 1843, sappiamo che l’edificio, sito in via Castello senza numero civico, era composto da piano terra e primo piano.
Al piano terra c’era un magazzino, una stanza detta del passetto adibita a deposito, una cantina con undici botti, una stanza ad uso cucina e, nel basso contiguo al cortile, una stalla e un ogliaro. Mentre, nel quarto superiore c’erano otto stanze, di cui una detta camerone e un’altra del riposto.
La Cappella di Sant’Andrea
Man mano che si discende nel cuore del paese, si finisce col penetrare nell’intimità profonda del tempo e lì ardono segretamente, aspettando il soffio che li ravvivi, i segni della più autentica devozione verso il Santo Patrono, al quale Castronuovo ha dato i natali nel 1520: Sant’Andrea Avellino.
Lancellotto Avellino fu beatificato tra 1624 e 1625 e, per tale ragione, si volle edificare in suo onore e gloria una Cappella, presumibilmente fondata da D. Carlo Missanelli, nel periodo compreso tra il 1652 e il 1684, su parte dell’area che fu ab origine abitazione natia del Santo.
Per giunta, adiacente alla Cappella, vi è un portale di periodo rinascimentale, il quale fa supporre che ornasse la casa degli Avellino, signori fra i più facoltosi del paese.
All’interno dell’edificio, a primo sguardo, ci si imbatte nel complesso di intarsi in marmo dell’altare del primo Novecento che fa da base all’ottocentesca scultura lignea, recante una teca reliquiaria vuota sul petto, raffigurante Sant’Andrea in posa estatica; a ritrarre il Santo è ancora un olio su tela di scuola napoletana databile al 1655 e donato da Giacomo Zampaglione, così come ricorda una iscrizione posta alla base della tela.
All’esterno, invece, lo sguardo si dirige al frontespizio della trabeazione, dove ritorna l’immagine di Sant’Andrea, arabescata da F.M. Santini. L’opera di restauro della Cappella nel 1949, ne ha riportato in auge la forma; essa riconduce la sensazione al ricordo e ne ricostruisce i segni nel tempo, calco di un amore imperituro e intenso fino ai giorni nostri.
Al 2013 risale, infatti, l’installazione della “Porta della Resurrezione”, plasmata nell’argilla da Antonio Masini, legato a Castronuovo fin dagli anni ’80. L’artista lucano, nel ritrarre alcune delle scene più significative della vita del Santo, ha scelto di imprimere i caratteri di una spiritualità tutta castronovese: sofferta, ma forte, resistente al tempo, com’è il bronzo.
Il tema urbanistico costituito da Palazzo Marchesale, Piazza Castello e la Cappella di Sant’Andrea culmina con la chiesa Madre dedicata a Santa Maria della Neve.
La Chiesa Madre
La chiesa, anche in seguito ai molti rifacimenti, conserva in prevalenza la sua espressione barocca e presenta, nel suo interno, una struttura a due navate, intervallate da archi a tutto sesto: quella laterale, come da prassi, è più piccola della navata centrale, terminante con l’altare avente come particolare il tabernacolo in marmi e stucchi policromi e la porticella d’argento raffigurante la Resurrezione di Cristo, sormontata da un ulteriore arco a tutto sesto dove Sebastiano Paradiso ha adattato una raffigurazione dell’Ultima Cena.
ll presbiterio, più elevato rispetto alla zona riservata ai fedeli, è delimitato da una balaustra composta da pannelli risalenti, presumibilmente, al sec. XI, raffiguranti simboli stilizzati riconducibili a religiosità quasi paleocristiane e pannelli settecenteschi decorati con stucchi policromi.
Volgendo gli occhi all’insù, l’osservatore rimane come folgorato da un’atmosfera ultraterrena: come un immenso lucernario, dal centro del soffitto, sempre Sebastiano Paradiso ha dipinto Sant’Andrea in Gloria, accolto nel regno dei cieli tra gli angeli e la Vergine Santissima, mentre nella parte inferiore dell’opera, aleggia il panorama di Castronuovo.
Consacrato al Santo Patrono, è ancora l’altare a destra nella zona presbiteriale, ornato da stucchi policromi e marmi commisti, presso il quale è custodito il busto reliquiario di Sant’Andrea Avellino, un prezioso simulacro in legno intagliato e indorato ad estofado e una teca del busto reliquiario in argento sbalzato e inciso, del 1862.
Il campanile, per la sua chiara e inestinguibile linea, riconoscibile dal più buio orizzonte, sembra accennare alla possibilità di un dialogo tra i due mondi: naturale e soprannaturale.
Il Museo Internazione della Grafica: contenitore d’avanguardia
A legittimare la presenza del MIG, acronimo di Museo Internazionale della Grafica, a Castronuovo Sant’Andrea è la forma, la stessa struttura formale del paese, che comincia ad aprirsi quando nel suo “spazio” si inserisce il tempo, così proustianamente lento, cadenzato, trascinante.
Ad ogni istante, la forma dell’abitato non rimane quella data, ma si discioglie e si ricompone, si crea di nuovo nel nostro tempo e vive. In tal senso, dietro l’apparenza ingannevole di un paese destinato a dissolversi nel nulla, c’è la presenza ancora vibrante delle tante forme di segni, lasciati dal tempo, dalle stagioni e dagli uomini, segni che non sono soltanto funzione urbanistica, ma diventano patria dell’anima, perché riscattano la memoria e con essa la vita dell’abitato.
Un Museo, dunque, come crocevia della storia, in un paese che nel corso degli anni ha dato forti segnali su cosa riescono e gli scrittori quando si addentrano nella “forestiera” Lucania.
Il MIG, posto nel cuore del paese, nasce il 20 agosto 2011, grazie all’iniziativa di Giuseppe Appella, storico e critico d’arte, coadiuvato dall’impegno e dalla sensibilità culturale di Sandro Berardone, Sindaco della Comunità, scomparso di recente, oltre che della sua Giunta, e dalla fattiva collaborazione della Pro Loco, Presidente Romeo Graziano e, poi, Pierino Ruberto.
La gestione operativa è curata dall’Associazione “Amici del MIG”, la cui struttura organizzativa viene incrementata annualmente dei soci sostenitori che ne fanno richiesta. L’Associazione si avvale della periodica collaborazione del Comune, delle Associazioni Nazionali, degli enti regionali, delle Proloco, dei Comuni e delle Parrocchie dell’area del Pollino e delle zone limitrofe.
Attraverso una mostra inaugurale, dal titolo Per una storia della Grafica europea del Novecento, ossia di una grafica intesa alla tedesca, quindi di opere incise o stampate nelle diverse tecniche (xilografia, acquaforte, linoleum, litografia, serigrafia), è cominciato un racconto storico che, al tempo stesso, mettendo in parallelo le diverse culture, accompagnate da una iridescente interpretazione della realtà e dando la possibilità di leggervi le varie correnti e i vari “ismi” del secolo, è un racconto critico.
E come primo debutto, ha avuto luogo il coesistere, attraversandosi, di lavori artistici diversissimi nel loro genere, come quelli di Alechinsky, Appel, Assadour, Avati, Arp, Bartolini, Chagall, Corneille, De Chirico, Ortega, Picasso, Kandinsky, Dubuffet, Chadwick, De Segonzac, Ernst, Fontana, Felixmuller, Fautrier, Fazzini, Feininger, Friedlaender, Gentilini, Hockney, Hartung, Magnelli, Melotti, Michaux, Mirò, Morandi, Napoleone, Novelli, Richter e tanti, tanti altri. Autori, questi, che hanno firmato pagine tra le più alte dell’incisione del Novecento.
La Collezione
Configurandosi come un centro d’avanguardia per la conoscenza e lo studio dell’arte contemporanea, il Museo intende presentare al pubblico un percorso espositivo che predilige la Grafica del XX secolo. Al prezioso corpus di 350 capolavori dei più noti artisti contemporanei, italiani e stranieri, si uniscono disegni e incisioni di artisti necessari a comporre il mosaico chiarificatore di una rappresentazione storica.
Al contempo, da segnalare è il nucleo di fogli dei migliori artisti lucani: dalla cartella delle Dieci incisioni originali degli anni Cinquanta di Mauro Masi ai poetici lavori di Luigi Guerricchio dedicati a Rocco Scotellaro. Di impatto tanto poetico quanto cosmopolita sono gli innumerevoli fogli di Antonio Masini, coronati dalla xilografia. L’Albero del poeta, inoltre, quale omaggio a Sinisgalli.
Tra poesia, musica e mare nostrum si muove, invece, Pasquale Santoro: emblematici e bizzarri, segnati da toni “acquatici” i suoi lavori Botticelli écoute Tchaikovsky e Orange a Metaponto, datati tra 2001-2002; dello stesso anno sono le due litografie Fiumi di profumi di Giacinto Cerone, nelle quali il ritmo segnico si accelera in un eracliteo fiume di fiori, un fluire che travolge lo spettatore nel loro turbinio di profumi.
Tra l’utopia e il sacro è l’opera consacrata da Pietro Tarasco, pittore e incisore della Città dei Sassi, e con esso, Rocco Falciano dà vita al suo fare mundi, a un’arte, cioè, vivente e rappresentativa del mondo, più di un oggetto ….più di una merce. Una raccolta, questa, che pone i riflettori sull’indispensabile approfondimento d’identità del territorio. Ininterrotto è stato l’accrescimento del patrimonio artistico (ad oggi 2500 fogli) grazie al flusso di donazioni di opere di autori quali Giulio Marelli, Guillaume, Corneille, Arnoldo Ciarrocchi, Carlo Belli, René Carcan, Elvidio Farabollini, Raffa Festa, Gianluigi Giovanola, Remo Brindisi, Martin Bradley, Carlo Levi, Giuseppe Viviani, Marino Marini e moltissimi altri ancora, alcuni di essi sono dei nomi anche fisicamente attivi nel paese dal 2013.
Le opere grafiche selezionate a comporre il percorso espositivo, con l’inconfondibile ricchezza di segni e colori, inneggiano a una terra fertilissima, la Lucania, che per secoli è stato il sostegno dell’Uomo che l’ha coltivata. Una sorta di monito a quanti l’hanno abbandonata. Non a caso, a distanza di circa 4 anni dalla sua inaugurazione, l’esperienza del MIG Museo Internazionale della Grafica si è ampliata e consolidata, portando il piccolo comune di Castronuovo Sant’Andrea tra le realtà italiane e internazionali più dinamiche e interessanti.
La Biblioteca Comunale “Alessandro Appella”
Il Museo Internazionale della Grafica, convivendo con la rinnovata Biblioteca Comunale “Alessandro Appella”, nata nella prima metà degli anni Ottanta, fa sì che ogni mostra sia il riflesso di un libro; il che significa approfondire, in una biblioteca, proprio come si faceva nei secoli passati, quanto la mostra accenna, utilizzando il metodo del libro d’arte, numerato in serie limitata a pochissimi esemplari. In tal contesto, lo stesso libro d’arte misura l’ispirazione dei poeti con quella degli artisti, così da portare, nel secolo appena trascorso, alla consonanza di parola e immagine (ut pictura poesis) e alla perfetta convivenza di carta, parola, incisione, caratteri tipografici, rilegatura e quanto altro rende possibile il viaggio nella creatività di un secolo.
La Biblioteca, con un patrimonio di oltre 30.000 volumi, è articolata nei seguenti settori: generali (enciclopedie, dizionari e riviste), letteratura, linguaggio, storia, filosofia, arte, scienze sociali, scienze applicate, Lucania e ragazzi, al fine non solo di garantire servizi di consultazione, prestito domiciliare, prestito interbibliotecario, prestito alle classi, consulenza bibliografica, foto-riproduzione del materiale e navigazione Internet, ma anche di soddisfare le esigenze dei 24 Comuni facenti parte del Parco del Pollino e dei paesi limitrofi, con una popolazione complessiva di 72.000 abitanti.
Aspetto per nulla trascurabile è costituito dalle donazioni (o il contributo) di privati ed enti come modalità importanti di incremento e sviluppo del patrimonio bibliografico.
La biblioteca dispone, inoltre, di una ricca videoteca dedicata all’arte e alla letteratura, oltre che una cineteca (VHS e CD) capace di ricostruire la storia del cinema.
L’Atelier “Guido Strazza”
La piccola piazza che porta il nome di un genio illustre, Guglielmo Marconi, si pone come asse portante per la diffusione della conoscenza dell’arte grafica. In quella che un tempo era la storica farmacia dello speziale Dott. Alessandro Lo Nigro – da qui il Palazzo dello Speziale, nel rione Manca – successivamente adibito a bottega di artiglieria, viene inaugurato il 4 giugno 2013l’Atelier “Guido Strazza”. L’intero studio calcografico, completo di torchio, attrezzature, cataloghi e libri sull’argomento costituisce un dono di portata inestimabile da parte di uno dei nomi più celebri della grafica italiana, amico di Castronuovo, per il quale ha realizzato già negli anni ’90 l’originario progetto di pavimentazione della Piazza Civiltà Contadina, in seguito, nel 2011, il logo-simbolo del MIG e, nell’anno dopo la straordinaria mostra di 40 opere grafiche esposte nelle sale del Museo, presentate durante la sua conferenza dal titolo “Primo segnare”, in controcanto alle incisioni di Pierre Bonnard per Dingo di Octave Mirbeau.
Il MIG-Biblioteca e l’Atelier costituiscono, sic et simpliciter, la teoria e la prassi, così coerenti e interdipendneti l’uno dall’altro, come due facce di una stessa medaglia chiamata segno.
L’Attivazione di corsi di grafica condotti da artisti di fama si sviluppano seguendo due linne guida: una teorica, introduttiva sui temi, i procedimenti e metodi della grafica d’arte; l’altra, pratica e progettuale, di ricerca ed elaborazione artistica, dedicata alla progressiva conoscenza e familiarità con la prassi di laboratorio.
Le tecniche tradizionali , adeguatamente approfondite, vengono affiancate dall’uso di materiali e metodologie che consentono un ampio campo di sperimentazione verso l’espressività del linguaggio grafico in quanto valore autonomo. Le lezioni inerenti la storia dell’incisione, invece, sono atte a puntualizzare i temi, le modalità, le terminologie proprie del linguaggio grafico.
Obiettivo dei corsi è di fornire la conoscenza delle diverse tecniche dell’incisione finalizzate alla realizzazione di opere a stampa, come una prima tiratura in un numero limitato di copie od il prototipo di un libro illustrato.
La presenza attiva dell’Atelier “Guido Strazza” e, a breve, dell’Atelier litografico donato dall’artista giapponese Kengiro Azuma, giustificano insieme una visione del mondo attiva, non contemplativa, che esige un movimento, un’esperienza e rafforza l’originaria forma compatta del centro storico, da sempre deputato alla cultura e all’arte, d’ora in poi al servizio non solo del piccolo paese in cui opera, ma dell’intero territorio lucano.
Per visite guidate, escursioni e percorsi tematici didattici a Castronuovo Sant’Andrea