I Calanchi della Basilicata

I PAESI PRESENTI IN QUEST’AREA SONO:

 Tursi (MT); 
 Valsinni (MT);
 Senise (PZ);
 Sant’Arcangelo (PZ);
 Aliano (MT);
 Stigliano (MT);
 Craco (MT);
 Ferrandina (MT);
 Missanello (PZ);
 Roccanova (PZ);
 Salandra (MT);
 Colobraro (MT).

I Calanchi: paesaggi come sulla luna

Itinerari e suggestioni fra i luoghi segreti di una
Terra ancora da scoprire

I Calanchi: paesaggi come sulla luna

Nel cuore più nascosto e solitario della regione, i luoghi magici e pieni di spiritualità descritti da Carlo Levi nel suo “Cristo si è fermato ad Eboli”, fra pinnacoli naturali, enormi sculture di argilla che i secoli hanno modellato conferendogli le forme più strane e fantasiose, aride dune bianche che si sbriciolano sotto il peso degli agenti atmosferici, profondi canyon e borghi dal fascino arcano.

E’ lo scenario in cui ci si imbatte visitando uno degli angoli più remoti, e forse per questo più magici della Basilicata, quello dei Calanchi, nel cuore della parte sud-orientale della regione.

I Calanchi: paesaggi come sulla luna
I Calanchi: paesaggi come sulla luna
I Calanchi: paesaggi come sulla luna

Un comprensorio, per tutelare il quale è in via di istituzione un parco regionale, chiuso, procedendo da Ovesto verso Est, fra i lussureggianti boschi delle montagne appenniniche, le dolci colline del Materano e le fertili pianure che scivolano verso il Mar Jonio, che un tempo ricopriva con le sue acque
buona parte dell’entroterra. Sono, infatti, numerosi i ritrovamenti di fossili marini avvenuti nell’area occupata oggi dai Calanchi, il cui perimetro naturale è segnato dalle valli del torrente Sauro e dei fiumi Agri e Basento, capace di offrire scorci talmente inusuali per la nostra penisola che, guardandone le
immagini, si potrebbe tranquillamente pensare alla Cappadocia e, per alcuni angoli, addirittura all’Arizona.

I Calanchi: paesaggi come sulla luna

Luoghi malinconici che aprono squarci su paesaggi solitari che si assaporano percorrendo stradine lente e tortuose che con le loro suggestioni hanno ispirato poeti, pittori, scrittori e registi che proprio per la loro bellezza e unicità li hanno spesso scelti, per esempio, come set per i loro film che necessitavano ambientazioni drammatiche ed “esotiche”. Pier Paolo Pasolini, Lina Wertmuller, Gabriele Lavia, Francesco Rosi, Giuseppe Tornatore, Fabio Segatori, Bruce Beresford e Mel
Gibson
,
solo per fare qualche nome.

I Calanchi: paesaggi come sulla luna

Così li descrisse nel suo “Cristo si è fermato ad Eboli” Carlo Levi, che in questi posti trascorse il suo periodo di confino sotto il regime fascista tra il 1935 e il 1936 : ” ….e d’ogni intorno altra argilla bianca senz’alberi e senza erba, scavata dalle acque in bocche, in coni, in piagge d’aspetto maligno, come un paesaggio lunare …. e da ogni parte non c’erano che precipizi di argilla bianca, su cui le case stavano come liberate nell’aria”.

Solo di tanto in tanto si scorge in lontananza qualche suggestivo borgo che, arroccato sui burroni d’argilla, scruta dall’alto le enormi distese dorate e increspate
dell’intorno.

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I Calanchi, un vero Museo geologico a cielo aperto

I Calanchi, un vero Museo geologico a cielo aperto

I Calanchi sono particolari forme di erosione innescate dall’azione combinata del sole (che surriscalda la parte superficiale dell’argilla provocandone screpolature e fessure) dell’acqua piovana. Questa, per infiltrazione, provoca la disgregazione delle argille dando vita a geometrie radiali o a pettine separate da stretti crinali a “lama di coltello” e da guglie aguzze.

L’area, straordinario Museo a cielo aperto  della storia geologica della Basilicata, un tempo, coperta dal mare, ha cominciato ad assumere le sue caratteristiche a partire dal Pleistocene Inferiore e Medio (da 1,8 milioni a 1.200.000 anni fa) in seguito alla trasformazione delle Argille subappennine. La sua metamorfosi è in continuo divenire e in futuro i Calanchi occuperanno una superficie sempre maggiore a causa dell’arretramento dei versanti dei rilievi.

I Calanchi, un vero Museo geologico a cielo aperto
L’Avvoltoio divino

Sacro agli antichi Egizi, il capovaccaio ha dato vita fra le tranquille creste dei Calanchi a una delle sue rare colonie italiane.

I Calanchi, un vero Museo geologico a cielo aperto
Rapaci e roditori
Fra i cieli volano nibbi reali, bianconi e poiane, mentre a terra si vedono soprattutto volpi, faine, ricci, lepri e donnole.

La vegetazione che ricopre i Calanchi è generalmente molto scarsa ed è costituita essenzialmente da cespugli e dai cosiddetti alimi, curiosi arbusti dalle foglie argentee, alti non più di due metri, aggrappati alle scoscese pareti argillose, mentre per quel che riguarda la fauna ci sono soprattutto volpi, ricci, faine, lepri, donnole e diversi rapaci fra i quali poiane, nibbi reali, bianconi e capovaccai. Proprio questi ultimi, un tempo più diffusi in buona parte dell’Italia centrale e meridionale, hanno dato origine fra le increspature calanchive, a una delle rare colonie italiane ormai esistenti, il capovaccaio, “Neophron peronopterus”, il più piccolo degli avvoltoi europei, con un’apertura alare che non va oltre il metro e mezzo, è, infatti, oggi presente nella penisola in appena trenta esemplari, che vivono in maniera stanziale fra Basilicata appunto, Sicilia, Puglia e Calabria, mentre altri ne arrivano in primavera dall’Africa per poi ritornarvi seguendo le stagionali rotte migratorie.

Nell’antichità era considerato un animale sacro nell’Egitto dei Faraoni, utilizzato simbolicamente nei geroglifici, e vederlo volare è un vero spettacolo col suo piumaggio bianco e l’inconfondibile becco giallo-arancio con la punta nera.

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