
Il Capoluogo Potenza e i dintorni:
vera anima della regione
Il Capoluogo Potenza con i suoi dintorni, o, comunemente chiamato il Potentino, è l’area della regione che, per come si presenta, da ragione a chi ha scritto: “la vita è un viaggio, viaggiare è vivere due volte”.
Il Capoluogo Potenza e dintorni:
vero melting pot di sorprese
Il Capoluogo Potenza e i suoi splendidi dintorni si caratterizzano per le antiche tradizioni e gli stili di vita genuini.
Tutta l’area offre pregevoli testimonianze storiche alternate a segni interessanti di devozione popolare, con santuari sparsi fra i boschi e le grotte che un tempo diedero rifugio a monaci basiliani, e offre, altresì, la possibilità di immergersi nell’archeologia, sulle orme delle popolazioni che l’hanno a lungo animata.
Le greggi che frequentemente si incontrano ne sono, in un certo qual modo, elemento costitutivo, come in un quadro dei Macchiaioli dell’Ottocento.
I paesi rientranti in quest’area sono:
– Muro lucano (PZ)) – Satriano di Lucania (PZ) – Savoia di Lucania (PZ) – Brienza (PZ) Sant’Angelo Le Fratte (PZ) – Sasso di Castalda (PZ) – Avigliano (PZ) – Oppido lucano (PZ) – Vaglio di Basilicata (PZ) – Tolve (PZ) – Pietragalla (PZ) – Cancellara (PZ) – Picerno (PZ) – Tito (PZ) – Vietri di Potenza (PZ) – Balvano (PZ) – Baragiano (PZ) – Pignola(PZ) -Pescopagano (PZ) – Castelgrande (PZ) – San Chirico Nuovo (PZ) – Bella (PZ) – Ruoti (PZ).
Buona scoperta!!!
Il Capoluogo Potenza, una città sospesa fra passato e modernità





Raffinata ed elegante col suo delizioso centro storico, suggestivo intreccio di viuzze lastricate e palazzi d’epoca, negozietti e graziosi caffè, assieme a musei e gallerie d’arte, Potenza è il Capoluogo di regione più alto d’Italia, autentica città verticale, in bilico tra innovazione e tradizione, nella quale la bellezza si cela nel suo cuore più intimo.
Città dall’anima raffinata, finanche un po’ snob, Potenza è immersa fra boschi e natura
Il Capoluogo della regione Basilicata si trova in un’area naturalistica di grande impatto, fra possenti montagne e borghi aggrappati come veri presepi.
E’ il Capoluogo di regione più alto d’Italia con i suoi 819 MT di altitudine, definita anche “Capitale del Risorgimento italiano”, inclusa com’è dal 1898 nell’elenco delle 27 Città italiane benemerite durante il periodo dei Moti anti-borbonici, circondato da verdi e boscose montagne dai dolci profili e valli attraversate da innumerevoli fiumi e torrenti. Una realtà verticale che si sviluppa su diversi livelli collegati l’uno all’altro da lunghe e appese gradinate, stretti cunicoli e vicoli scoscesi.




Il paesaggio che la circonda presenta un’altissima concentrazione di paesini-presepe, alcuni fondati in epoche lontanissime, che sono il vero fiore all’occhiello di tutta l’area occidentale della regione – che, soprattutto di notte, con le loro suggestioni e le lucine che li illuminano, diventano come tanti piccoli fari nel mare dell’oscurità che non lasciano mai solo, oggi come nei secoli addietro, chiunque attraversi queste lande preservate a livello ambientale.
Luoghi da percorrere lentamente senza tralasciare nessuno dei piccoli borghi che li costellano, molti dei quali porta d’accesso a un viaggio nella storia, attraverso le ricchissime aree archeologiche che li caratterizzano, alle radici dell’antica Lucania, e, dei misteriosi e affascinanti popoli che l’hanno abitata nei millenni.
Un antipasto di questo viaggio a ritroso nel tempo lo offre da subito proprio la città di Potenza, con i suoi bellissimi e ricchi musei che custodiscono molti dei tesori archeologici rinvenuti nei dintorni e non solo.



Il Museo Archeologico Nazionale della Basilicata di Potenza, intitolato a Dinu Adamesteanu, il noto archeologo di origine rumena, uno dei primi grandi scopritori della Basilicata archeologica, ha sede nel maggiore dei palazzi d’epoca della città, Palazzo Loffredo, restaurato appositamente nel 2005, con interventi che hanno saputo coniugare antico e moderno, risalente al ‘600, anche se, si suppone, sia stato costruito nel ‘400 sull’area precedentemente occupata dal Convento dei Celestini.


In esso, attraverso le sue ricche collezioni, il visitatore è condotto per mano in un ammaliante viaggio fra Basileis (gli antichi re della Lucania) e regine, principesse bambine e sacerdotesse, con i loro splendidi diademi e oggetti sacri, guerrieri greci e senatori romani.
Inaugurato nel 2005, il Museo è considerato un vero scrigno di reperti che giungono dalle necropoli dei misteriosi abitanti dell’area compresa fra l’attuale Baragiano (PZ) e Vaglio di Basilicata (PZ), i Peuketiantes, dal vicino Oppido lucano (PZ), e ancora dalle necropoli daune di Lavello (PZ) ed enotrie di Chiaromonte (PZ), Aliano (MT), Guardia Perticara (PZ), oltre a interessantissimi reperti provenienti da diversi insediamenti indigeni delle medie valli del Bradano e Basento e dalle colonie greche di Metapontum e Siris-Heracleia, e, inoltre, dalla colonia latina di Venusia.
L’affascinante viaggio nella storia della civiltà lucana si snoda nelle 22 sale e 8 sezioni in cui è diviso il percorso, arricchito da mappe, puntuali spiegazioni e gigantografie. Un patrimonio sconfinato fatto di splendidi manufatti di elegante e disarmante bellezza come, tanto per fare qualche esempio, il Prometopidion (VI secolo avanti Cristo) e la maschera di bronzo per il muso di cavallo finemente lavorata, proveniente dalla Braida di Vaglio, scelta come simbolo del museo, oppure, sempre da Vaglio, i ricchi gioielli mai indossati dalla principessa bambina vissuta nel VI secolo A.C. e morta a soli 7 anni. O ancora il Modellino di tempietto enotrio del VI secolo A.C. e la Nereide a cavallo di un delfino, una lamina di bronzo raffigurante la ninfa delle acque, ex-voto del IV secolo A.C. proveniente dal Santuario di Rossano di Vaglio, dedicato alla dea lucana Mefite.




Il museo ospita anche la Galleria civica e la Cappella dei Celestini, entrambe sedi di diverse mostre durante tutto l’anno, e si trova in pieno centro storico, a due passi dall’animatissima arteria stradale, via Pretoria.


2. Il Centro storico di Potenza, emblema del perenne contrasto tra passato e modernità
Il centro antico della città è, forse, il simbolo del suo eterno vivere tra antico e nuovo, attorniato com’è, quasi protetto, dall’incedere del tempo, da una cortina di palazzi fra i quali spiccano audaci architetture contemporanee, non sempre condivise da tutti, ma che dimostrano la sua voglia di rinnovarsi, e che lentamente digradano verso il fiume Basento, il quale, più a valle, ne lambisce il territorio in un immaginario incontro tra i più incalzanti ritmi cittadini del centro propulsore e amministrativo della regione e quelli più blandi e incontaminati della rigogliosa natura circostante.







Un delizioso groviglio di stretti vicoli, i cosiddetti “Cuntani” e “Sottani”, slarghetti e piazzette che si inseguono fra loro.
La città, nell’insieme, presenta una quantità così elevata di palazzi d’epoca tanto da fornire un bell’excursus sulla storia architettonica, una sorta di “Festival dell’architettura”, per il quale il modo migliore per fruirne appieno è quello di perdersi a piedi fra i meandri più nascosti del centro abitato. Fra gli edifici storici, decorati da portali e balconate in pietra scolpita e ferro battuto, sicuramente i tanti palazzi nobiliari che si affacciano su via Pretoria: Palazzo Giuliani, al civico 133, Branca-Quagliano, al 188, Galasso, al numero 221, Biscotti, al 288, Bonifacio, al civico 342. E ancora Palazzo Pignatari, ex Ciccotti, in Largo Pignatari 5, e Palazzo marsico, in via Rosica 1.
Da vedere anche l’architettura, col suo bel porticato esterno e il chiostro interno, della Caserma dei Carabinieri, in via Pretoria 296, antica sede del Monastero di San Luca, edificato tra il XIII e il XIV secolo e trasformato in area militare nel 1862. E ancora, la Caserma Lucania di via Ciccotti, nel rione Santa Maria, costruita nel 1898 con le simmetriche geometrie che caratterizzano le sue facciate.



Ancor più sobri nelle loro linee pulite e, allo stesso tempo imponenti, sono, invece, i palazzi del periodo fascista, fra i quali spiccano certamente, in via Pretoria, il Palazzo della Banca d’Italia, al civico 175, costruito tra il 1935 e il 1938, che si sviluppa intorno a un atrio centrale coperto da un lucernario a volta in vetro-cemento, e, al civico 253, il Palazzo delle Poste centrali, ultimato nel ’43, col suo porticato e la gradinata che introduce a un’ampia e luminosa sala a doppia altezza che conserva arredi originali.
Molto interessanti anche il Palazzo del Banco di Napoli, al civico 99 di Corso 18 agosto, costruito nel 1914, col suo suggestivo atrio interno con lucernario che si sviluppa tra loggiati, scalinate e arcate finemente decorate; il coetaneo Palazzo degli Uffici governativi, che si erge con la sua possente architettura sempre su Corso 18 agosto, al numero 54, e, il Palazzo dell’ENEL, in Corso Garibaldi 57, realizzato fra il ’38 e il ’40.

Ma il “Festival dell’Architettura” non finisce qui. Infatti, la città propone autentici gioielli di architettura contemporanea quali il Polo Universitario di Macchia Romana, facente capo all’Università degli Studi della Basilicata, un Campus di eccellenza, uno dei centri propulsori della ricerca scientifica dell’intera regione, che si configura come una vera e propria “Cittadella universitaria”.
3. Alla Scoperta di Potenza, attraverso via Pretoria, il cuore pulsante della città, dalla Torre Guevara fino ad arrivare a Portasalza
Per conoscere a fondo la vera anima di Potenza, l’itinerario ideale è percorrere la centralissima via Pretoria, che attraversa l’intero centro storico, una deliziosa e stretta strada per il passeggio e lo shopping, dalla quale si dipartono decine di vicoletti, costellata di eleganti negozi, caffè, ristoranti, pasticcerie e locali frequentati soprattutto di sera dai giovani della “movida” potentina, il cui nome riporta al periodo romano durante il quale la città divenne Prefettura col nome di Potentia, prima di essere saccheggiata dai Visigoti e diventare poi Contea longobarda fino al 1066.





A iniziare dalla Torre Guevara, che rappresenta quel po’ che resta dell’antico castello cittadino, fondato già dai Longobardi attorno all’anno Mille e in gran parte abbattuto nel secolo scorso. Trae il suo nome dalla famiglia feudataria che governò la città nel XVI secolo e che trasformò radicalmente lo stesso castello. Tutt’intorno alla torre è presente una grande area verde con interessante Belvedere sulla vallata sottostante.
Proseguendo, si giunge alla centralissima e suggestiva Piazza Mario Pagano, uno dei luoghi più amati dai Potentini, un vero salotto cittadino ultimato con le sue raffinate geometrie.
Su di essa si affacciano le sagome di eleganti palazzi: il Teatro Francesco Stabile, innanzitutto, autentico gioiellino di architettura ottocentesca con la sua volta affrescata e i palchetti da cui apprezzare gli spettacoli del consueto nutrito cartellone, costruito, inizialmente, con l’intenzione di imitare il Teatro San Carlo di Napoli; il Palazzo del Governo, alle cui spalle si apre una graziosa villa con giardini terrazzati. Sul lato opposto della piazza, distaccandosi completamente dal contesto, il Palazzo dell’INA, ultimato nel 1937, uno dei numerosi esempi di architettura fascista all’interno della città.




Quindi, in piazza Pagano, Ottocento e Novecento, dal punto di vista architettonico, sono a confronto.
Tutt’intorno sono diverse le piazzette che fanno da cerniera all’originario impianto medievale del tessuto urbano cittadino. Fra queste Piazza Matteotti, Piazza Duca della Verdura, Piazzetta Martiri lucani e l’aggraziata Piazza del Duomo, su cui si erge maestoso il campanile a cinque ordini e l’armoniosa facciata della Cattedrale dedicata a San Gerardo vescovo, Patrono della città, posta sul punto più alto dell’abitato.


La sua fondazione risale per certo al XIII secolo, anche se un’iscrizione di epoca anteriore al 1200 avvalora la tesi che sia stata fondata intorno al V-VI secolo. Nel Settecento fu poi ricostruita su progetto dell’architetto Antonio Magri, allievo del Vanvitelli (ideatore della Reggia di Caserta).
All’interno è custodito un sarcofago di età romana contenente le spoglie di San Gerardo, una statua quattrocentesca che lo raffigura e un pregiato crocifisso ligneo risalente al XV secolo cui fanno da sfondo marmi pregiati e affreschi degli anni ’30 realizzati da Mario Prayer che decorano le pareti del transetto, le volte e la cupola. Al centro dell’abside una grata segna l’inizio della scalinata che porta al di sotto dell’altare maggiore, i cui ambienti sono impreziositi dai resti di un mosaico policromo del III-IV secolo. Molto probabilmente, trattasi di resti di un edificio di culto paleocristiano.
All’esterno, intorno alla piazzetta, è un brulicare di scalinate e vicoletti. Uno di questi conduce alla vicina Porta San Gerardo (XIII-XIV secolo), uno degli antichi sei accessi medievali alla città, ancora visibili insieme alle Porte San Luca e San Giovanni, mentre non lo sono più quelle di Portasalza, Portamendola e della Trinità. E’ nota anche come Arco Scafarelli, dall’omonimo e vicino palazzo settecentesco la cui facciata è ornata da mascheroni in pietra.




A poca distanza, si trova la suggestiva chiesa romanica di San Michele, fondata nel 1178, che conserva al suo interno numerose opere d’arte fra cui un affresco del XVI secolo raffigurante la Vergine in trono con Bambino e una predella con Cristo e Apostoli, probabilmente parte di un polittico di un’altra chiesa cittadina, Santa Maria del Sepolcro, sita nel quartiere residenziale di Santa Maria. E’ una delle più antiche chiese della città, risalente al XII-XIII secolo, anche se in seguito rimaneggiata, che sfoggia un bellissimo soffitto a cassettoni in legno policromo che crea un singolare effetto di chiaroscuro, bell’esempio di decorazione ad altorilievo tipica della scultura lignea seicentesca lucana. Gli interni custodiscono alcuni elementi gotici, ravvisabili soprattutto nell’abside, oltre a diverse opere d’arte quattro-cinquecentesche.

Fra le altre chiese di un certo rilievo nel centro storico, la duecentesca chiesa di San Francesco, scrigno di diverse opere artistiche fra cui pregevoli affreschi che ritraggono San Francesco e Santa Chiara, risalenti alla prima metà del XIV secolo, e il Martirio di San Sebastiano, quest’ultimo realizzato nel Cinquecento da Giovanni Todisco, oltre all’icona della Madonna del terremoto, risalente al XIII secolo.
Al termine di via Pretoria, si raggiunge il quartiere di Portasalza, dal nome dell’originaria anche se non più visibile porta d’ingresso alla città, con la sua minuscola ma graziosa chiesetta di Santa Lucia. Portasalza, con le sue deliziose casette in pietra a faccia vista, offre uno degli scorci più suggestivi del centro storico, una sorta di “borgo nel borgo”. Da qui, si può scegliere di fare una pausa all’insegna della natura e del relax, in quanto nei paraggi, c’è uno dei vari polmoni verdi della città, il Parco di Villa Montereale, o di dedicarsi allo shopping nei tantissimi negozi di via Pretoria.


4. Il Ponte Musmeci, un vero esperimento-gioiello di ingegneria concepito come un’opera d’arte
Progettato alla fine degli anni ’60 dal noto ingegnere Sergio Musmeci, questo geniale esperimento ingegneristico fu concepito come un enorme e raffinato oggetto scultoreo su scala urbana.
E’, infatti, secondo gli esperti, una delle più alte espressioni italiane di quella filosofia della progettazione che coniuga funzionalità e plasticità della struttura di sostegno. Si sviluppa su un’unica volta dello spessore di 30 CM e quattro campate di circa 70 metri di luce ciascuna e con le sue forme plastiche ricorda una gigantesca foglia accartocciata i cui lembi sorreggono l’intera struttura soprastante al posto dei comuni piloni.





Esso collega la zona industriale con la Strada Statale 407 Basentana e viale Marconi, dove si trova un’altra interessantissima opera architettonica, ossia la scala mobile che mette, a sua volta, in comunicazione la parte bassa e più moderna della città con Piazza Vittorio Emanuele II, nella parte più alta dell’abitato, praticamente alle porte del centro storico. Una struttura che si snoda in parte sotto terra e in parte in superficie, che ancora una volta mette a confronto, collegandolo, il nuovo all’antico, il presente al passato, com’è d’altronde nel Dna di questa città.
5. Potenza, la Città con le scale mobili più lunghe d’Europa
Antiche o moderne, in pietra o cemento, le mille scale di Potenza ne fanno una città tutta in verticale. Sono tante le avveniristiche soluzioni architettoniche e decorative utilizzate per collegare i vari livelli di questa città, partendo da via Armellini e sbucando in via Due Torri, dove peraltro è possibile ammirare le due torri aragonesi, un tempo parte integrante delle antiche mura cittadine. Oppure il tratto delle scale mobili di Santa Lucia inaugurato in anni recenti, che collega i più periferici rioni Poggio Tre Galli e Cocuzzo al centralissimo quartiere di Portasalza, la cui lunghezza sommata a quelle degli altri tratti cittadini fanno di Potenza la città dalle scale mobili più lunghe in Europa, seconda nel mondo soltanto a Tokyo.






Gli interni delle moderne architetture sotterranee vengono spesso utilizzati anche per mostre di fotografia e d’arte

Mettono a confronto, collegandolo, antico e moderno, in linea con la natura più profonda della città
Un continuo intersecarsi di piani e dislivelli, insomma, che sono valsi al Capoluogo l’appellativo di “Città delle cento scale”. E, in effetti, a fianco di quelle moderne e meccanizzate, ce ne sono tante altre fra piccole e grandi, corte e lunghissime, antiche e recenti.


Basta raggiungere Corso 18 agosto o via del Popolo per ammirarne e, perché no, percorrerne anche qualcuna, forse il modo, certo più faticoso ma al contempo fra i più suggestivi, per andare alla scoperta in maniera slow delle varie zone della città, il cui profilo è movimentato da questo continuo saliscendi urbano. Fra tutte l’ottocentesca Scala del Popolo e la Gradinata Medaglie d’oro, che dagli immediati pressi del centro storico conduce a Viale Dante, una delle altre vie di ritrovo per il passeggio cittadino, oppure quella che costeggiando il Palazzo degli Uffici Governativi porta a Viale Marconi, o ancora la Scalinata dei Cento gradini che proprio da Viale Marconi si arrampica fino a Viale Trieste.
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Il Potentino, una vera roccaforte dei dialetti galloitalici

Potenza, Tito, Picerno, Pignola e in misura minore Vaglio di Basilicata, Avigliano, Ruoti, Pietragalla, Cancellara, Trivigno, e poi, più a Sud, soprattutto Trecchina, ma anche Rivello e Nemoli, sono i comuni lucani in cui si parla galloitalico, un dialetto di chiara matrice nordica ma in pieno Meridione.
Il primo a studiare la curiosa commistione negli anni Venti, Gherard Rholfs, che notò come i dialetti di questi paesi non avessero nulla a che vedere con gli altri dialetti lucani. Avevano, invece, una radice linguistica tipica del Piemonte padano e dell’entroterra ligure, di origine, quindi, provenzale.
La ragione, secondo Rholfs, l’emigrazione, a partire dal XII secolo, da Nord verso Sud per sfuggire alle persecuzioni contro gli eretici e trovare maggiore tolleranza religiosa, ma su questo il dibattito è ancora aperto.
Vaglio di Basilicata, uno dei più importanti e ricchi siti archeologici regionali


Poco distante dal Capoluogo Potenza, Vaglio di Basilicata (PZ) è uno scrigno di tesori architettonici ed artistici risalenti ad epoche e popoli antichissimi. Uno straordinario viaggio a ritroso nel tempo che può cominciare dal Parco archeologico di Serra di Vaglio e dai resti del suo abitato risalente all’VIII secolo A.C. caratterizzato da gruppi sparsi di capanne alternate a nuclei di sepoltura, segni del primo insediamento stabile dei Peuketiantes, il misterioso e affascinante popolo, affine alle popolazioni appule, che abitò la zona insieme a quelle della vicina Baragiano (PZ) e delle aree interne montuose della Basilicata settentrionale, e che era solito, a differenza degli Enotri, seppellire i defunti in posizione fetale, in una sorta di ricongiungimento della vita con la morte.
A questi resti si affiancano, sul pendio orientale della collina, in località Braida, quelli di imponenti edifici in muratura, parte dell’antico abitato fortificato da massicce mura di cinta, che a partire dal VII-VI secolo A.C. cominciarono a essere costruiti in seguito ai primi contatti stabili con i Greci di Metaponto (MT), dei quali le aristocrazie dei Peuketiantes iniziarono a imitare usi e costumi, compresa l’ostentazione della ricchezza.
Le diverse tombe ritrovate, risalenti al VI-V secolo A.C., hanno ridato, infatti, alla luce ricchissimi corredi funebri composti da vasi di bronzo di produzione greca ed etrusco-campana, oltre ad armature, gioielli, monili, posate e piatti in ceramica.
Molto interessante è la ricostruzione effettuata con le tecniche e i materiali usati all’epoca di un edificio dell’antico abitato, la cosiddetta Casa dei pithoi, dal nome dei grandi contenitori al tempo utilizzati per la conservazione di derrate alimentari.
Non lontano da Serra, che dai suoi oltre mille metri offre una bellissima vista sull’Alta Valle del Basento, si trova il Parco del Santuario di rossano di Vaglio, dove sorgeva un importantissimo luogo sacro dedicato alla dea Mefite, il cui nome significa “colei che sta nel mezzo” e che per questo svolge una funzione di passaggio fra cielo e terra, tra il mondo dei vivi e quello dei morti.



Dai resti del santuario, risalenti al IV secolo A.C. , si capisce quanto monumentale dovesse essere in origine la struttura, articolata su più terrazze collegate da scalinate, da cui provengono numerosi e interessanti reperti quali statue in bronzo e marmo, ex voto, statuette in terracotta e gioielli che ornavano le vesti della divinità, molti dei quali custoditi nel Museo Archeologico Nazionale di Potenza.

Nelle sere d’estate Rossano di Vaglio rivive all’insegna della grande arte teatrale con la Rassegna
“Teatri di pietra”
I musei di Vaglio di Basilicata per capire le gesta delle genti lucane
Per ripercorrere e comprendere più a fondo la vita degli antichi popoli che abitarono il cuore della Lucania, vale la pena visitare il Museo delle Antiche Genti di Lucania.
Il percorso espositivo è, infatti, arricchito da interessanti ricostruzioni e pannelli che
spiegano tradizioni e abitudini di vita di questi antichi popoli.
Per comprendere, invece, meglio le abitudini di vita della più recente civiltà contadina, il Museo della Civiltà Rurale, accompagna il visitatore in un interessante viaggio a ritroso
nel tempo attraverso l’esposizione di numerosi oggetti e strumenti di lavoro a partire dal
1800 e fino alla metà del secolo scorso.
A Vaglio regna il mistero dell’autoritratto che sembra ricondurre al genio leonardesco
Da cinquecento anni Leonardo da Vinci continua ad affascinare e creare enigmi, molti dei quali ancora irrisolti.
Come quello intorno a cui si è ultimamente mobilitato il mondo artistico e scientifico che potrebbe rivelarsi un’importantissima scoperta sul genio toscano .
Si tratta di un olio su tavola, custodito nel Museo delle Antiche Genti di Lucania di Vaglio (PZ), delle dimensioni 60 x 44 centimetri, ritrovato in un casale lucano di
un’antica famiglia campana e ritenuto finora un ritratto di Galileo.
In realtà, secondo alcuni studiosi, sarebbe, invece, un autoritratto del grande genio leonardesco.
Il quadro raffigura il Maestro di tre quarti con il cappello, come il cosiddetto Autoritratto degli Uffizi, ritenuto tale fino al 1938, quando una radiografia smentì definitivamente quella tesi.
Ad avvalorare, invece, la paternità leonardiana del quadro lucano diversi elementi fra cui la firma “Pinxit Mea”(dipinto da me), che da studi grafologici, parrebbe compatibile con quella del genio toscano, e anche i primi studi al microscopio confermerebbero la compatibilità di periodo di realizzazione, materiali e pigmenti utilizzati, gli stessi usati da Leonardo in altre opere a lui attribuite .
Ulteriori indagini scientifiche sono in corso per verificarne l’autenticità e, per ora, nell’attesa della verità, resta il fascino di un altro dei tanti enigmi lasciati al mondo da Leonardo.
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A Tolve esiste uno dei più suggestivi pellegrinaggi della regione





Tolve (PZ) è un suggestivo borgo-presepe aggrappato a una rupe.
Anche nei suoi pressi è stata ritrovata una villa romana molto interessante. Si tratta della villa rustica di San Pietro, edificata nel I secolo D.C. sulle pendici del Monte Moltone lungo un tratturo, denominato Regio in età aragonese, che collegava fin dall’epoca preistorica il Potentino interno col Tavoliere delle Puglie.
Tolve è oltretutto uno dei maggiori centri della spiritualità lucana noto, oltre che in Basilicata anche nelle regioni limitrofe, per la fortissima devozione che lo lega a San Rocco, cui viene dedicata una festa davvero molto suggestiva il 16 agosto e il 16 settembre.
Fra le decine di migliaia di pellegrini che vi giungono ogni anno non è raro imbattersi in manifestazioni di pietà popolare che conservano i tratti di affascinanti quanto arcani rituali.

San Rocco di Tolve è uno dei santi più venerati della regione.

Lo stesso Carlo Levi, che in Basilicata trascorse il suo periodo di confino negli anni ’30, e numerosi antropologi ne sono stati richiamati e incuriositi, e tuttora arrivano in paese, durante le sacre celebrazioni, studiosi di costumi e tradizioni popolari affascinati da atmosfere e suggestioni che la modernità, almeno in Occidente, ha quasi del tutto cancellato. Migliaia gli ex voto custoditi nella Casa del pellegrino per le grazie ricevute dal Santo, la cui statua durante i giorni di festa viene letteralmente ricoperta di un manto dorato realizzato assemblando i tantissimi doni aurei dei fedeli.

Il convento dedicato al Poverello di Assisi venne fondato nel paese nel ‘500
Il Marmo Platano è un’enorme e riposante distesa verde
Il grazioso borgo di Avigliano (PZ) è punteggiato da antichi palazzi decorati da splendidi portali in pietra e diversi edifici sacri come la chiesa di Santa Maria degli Angeli, con la sua facciata tardobarocca che introduce ad interni impreziositi da varie opere d’arte realizzate da autori quali Girolamo Cenatiempo, Filippo Ceppaluni e Girolamo Bresciano, e la chiesa Madre, dedicata a Santa Maria del Carmine, risalente all’XI secolo anche se poi ricostruita nel ‘600.
Poco fuori dal centro abitato merita una visita la chiesetta di Santa Lucia, interamente
affrescata con dipinti seicenteschi, mentre a circa nove chilometri dal paese, posto su
un’altura da cui si domina il suggestivo paesaggio circostante si trova il Santuario della
Madonna del Carmine, uno dei più frequentati fra quelli lucani.
Costruito all’inizio dell’Ottocento, custodisce al suo interno durante i mesi estivi la statua della Madonna del Carmine, protettrice del paese, una delle immagini sacre più amate della regione.
In Avigliano nacque nel 1857 il giurista e politico Emanuele Gianturco, cui è dedicata la piazza principale dalla quale si accede al centro storico.
Del vastissimo territorio comunale aviglianese, che è riuscito a preservare antiche
tradizioni come l’artigianato artistico, fra cui spicca l’arte della coltelleria. fa parte anche
Castel Lagopesole, la frazione su cui sorge l’omonimo castello, in assoluto uno dei più
belli e conosciuti fra quelli federiciani nel Sud Italia, una delle residenze di caccia preferite dal sovrano Svevo.
Fra antiche sculture e affascinanti tradizioni i grandi pellegrinaggi mariani della regione
Ad Avigliano prende luogo una delle più sentite tradizioni che hanno come fulcro la devozione alla Madonna.
Il 16 luglio un lungo corteo prende le mosse dal paese per recare, a piedi, fra ceri votivi, canti e manifestazioni di pietà popolare, lungo un percorso di diversi chilometri l’effigie della Madonna del Carmine fino all’omonimo santuario, uno dei più frequentati fra quelli lucani, posto su un’altura panoramica.
Qui la statua resta fino alla seconda domenica di settembre, quando viene riportata in paese.
Nel pellegrinaggio che da Avigliano sale a piedi al monte ancora moltissime testimonianze di fede popolare piuttosto rare
a vedersi in giro.
Non è l’unico pellegrinaggio mariano in Basilicata. Molto radicato è, per esempio, quello di Viggiano (PZ), la prima domenica di maggio, in assoluto il più importante della regione.
In questo caso è la Madonna Nera, Patrona della Lucania, a essere condotta nel suo santuario, sul Sacro Monte di Viggiano.
Altre effigi molto venerate sono quelle della Madonna del Sirino a cui è dedicata una suggestiva festa la terza domenica di giugno a Lagonegro (PZ), e, della Madonna del Pollino, a San Severino Lucano (PZ), per la quale avviene un coinvolgente pellegrinaggio nel primo fine settimana di luglio.
Fra i canyon scavati dal Melandro sgorgano sorgenti sulfuree
In questa parte della Basilicata c’è anche la possibilità di fare escursioni naturalistiche.
Una conduce alle Gole di Puzz’gnunt, cioè Mulinelli, che sono alte e ripide pareti rocciose scavate dalle acque del Melandro, lungo il cui corso è possibile incontrare diverse sorgenti di acqua sulfurea.
Attraversando verdi paesaggi ricoperti da una folta vegetazione che nasconde gole e precipizi, lungo i quali scorrono strade e ponti dalle altezze vertiginose, si arriva a Picerno (PZ).
Proprio nei pressi di Picerno vi è un ponte che, con i suoi 130 metri di altezza, necessari a colmare i forti dislivelli che caratterizzano l’area, è uno dei ponti più alti d’Europa sul quale scorre veloce verso l’autostrada Salerno-Reggio Calabria la E847.
La vista panoramica sul borgo è davvero accattivante con le sue casette adagiate, quasi come fossero parte di un presepe, su un crinale circondato da boschi.
Un autentico groviglio di vicoli e scalinate per cui è estremamente piacevole andare alla scoperta dei suoi angoli più nascosti imbattendosi nei palazzi storici decorati con splendidi portali in pietra e nelle diverse chiese che punteggiano il centro storico.
Fra queste la settecentesca chiesa Madre, che custodisce al suo interno una Natività del Pietrafesa, costruita sull’antica fortezza normanna di cui sono visibili alcuni resti delle antiche torri che la attorniavano, e la chiesa dell’Annunziata col suo portale trecentesco a sesto acuto, che racchiude un magnifico portone intagliato del 1506, e il suo bel campanile affrescato con dipinti del XIV e XV secolo.
Gironzolando per i vicoletti vale sicuramente la pena fermarsi in uno dei tanti piccoli negozi disseminati nel centro storico per assaporare e acquistare i famosi salumi picernesi, rinomati in tutta la regione.
Muro Lucano, Borgo da brivido, e le vicende della Regina Giovanna I






Lo scenario naturalistico della Valle del Marmo Platano, rigogliosa e ricca di corsi d’acqua, fa da splendido sfondo a uno dei borghi in assoluto più belli e impattanti della regione.
Muro Lucano (PZ) a chi vi arriva si presenta come un incredibile gigantesco presepe con le sue abitazioni aggrappate alla collina su cui sorge e disposte in modo tale da formare un anfiteatro naturale quasi perfetto.
Un tappeto di tetti di case le une sulle altre conduce al castello, in cima al borgo, risalente al X secolo, anche se modificato nelle forme in seguito a un devastante terremoto del 1694.
Nel museo resti di antiche battaglie e delicati oggetti d’arte a partire dall’Età del bronzo.
Nel museo resti di antiche battaglie e delicati oggetti d’arte a partire dall’Età del bronzo.
Fra le sue possenti mura nel 1382 la regina Giovanna I D’Angiò, sovrana di Napoli, deposta dal trono in seguito alla scomunica da parte di Papa Urbano VI per aver sostenuto l’antipapa di Avignone, venne assassinata dai sicari mandati dal cugino usurpatore Carlo III, diventato nel frattempo nuovo re del regno di Napoli.
Atmosfere di trame segrete e tradimenti che ancora aleggiano fra i vicoli del borgo donandogli un fascino ulteriore al pari di quelle, ancor più lontane nel tempo, che riecheggiano più a valle, nell’area del Pianello.
Qui sorse, in seguito alle invasioni barbariche, l’agglomerato urbano di Numistro nei cui pressi si combatté nel 210 A.C.una delle battaglie che in terra lucana vide opposto, durante la seconda guerra punica, l’esercito cartaginese di Annibale a quello romano, in questo caso condotto dal console Marco Claudio Marcello.
La nebbia di primo mattino svela pian piano la bellezza di Muro Lucano, uno dei borghi più belli del Potentino.
Tutta l’area ha restituito, infatti, alla luce numerosi reperti archeologici, molti dei quali risalenti anche all’Età del bronzo.
E’possibile ammirarne una parte, insieme ai molti altri ritrovati nell’intero Marmo Platano, nel Museo Archeologico Nazionale di Muro Lucano, allestito nel cinquecentesco ex Seminario vescovile che, insieme alla Cattedrale, l’Episcopio e la Curia, costituisce un imponente complesso monumentale.
Intorno un suggestivo intreccio di palazzi gentilizi, piazzette, archi, logge, ringhiere in ferro battuto, scalinate, scoscesi vicoli e innumerevoli chiese fra cui la Cattedrale, risalente al X secolo, anche se ricostruita dopo i forti danni subiti dai vari terremoti che più volte hanno messo a dura prova la città, non ultimo quello tragico del 1980.
E poi la seicentesca chiesa del Carmine, che al suo interno custodisce, fra le altre opere d’arte, una Sacra famiglia di Girolamo Bresciano, e la quattrocentesca chiesa di Sant’Andrea col suo Presepe artistico e Deposizione, una particolarissima composizione di sculture in terracotta e legno eseguita da maestri napoletani del Settecento.
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Cancellara e Pietragalla, fra necropoli e palmenti





Cancellara (PZ) è un suggestivo borgo aggrappato a un colle su cui domina il castello medievale e la seicentesca chiesa Santa Maria del Carmine, scrigno di diverse opere d’arte.
Da vedere sono anche la chiesa di Sant’Antonio, affrescata all’interno da Giovanni Todisco, e il convento dell’Annunziata, fondato nel ‘500 con l’annessa chiesa che custodisce, fra le altre, opere anche del Pietrafesa.
Non lontano dal paese la necropoli di Serra del Carpine che ha restituito importanti reperti risalenti al V secolo A.C.
Nel borgo di Pietragalla (Pz) spicca l’imponente Palazzo Ducale costruito nel XV secolo dai nobili Acquaviva d’Aragona anche se nei secoli rimaneggiato.
Fra gli edifici sacri la chiesa di San Nicola di Bari, il cui nucleo originario risale al XII secolo.
Molto caratteristici sono i cosiddetti “Palmenti”, grotte scavate nella roccia risalenti al 1300 utilizzate per lavorazione e fermentazione dell’uva.
un vero e proprio borgo vitivinicolo rupestre
Sul Monte Torretta, infine, i resti di un insediamento frequentato fra III e II secolo A.C. con una cinta muraria lunga ben quattro chilometri.
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Baragiano e Balvano, fra archeologia ed affreschi
A Baragiano (PZ) nel cui borgo sono da vedere la rinascimentale chiesetta di San Rocco e la cappella dell’Annunziata eretta nel 1586, ha sede l’Archeoparco del Basileus, che si estende su un’area luogo di numerosi ritrovamenti archeologici fra cui la tomba di un basileus, re dei “Peuketiantes”, contenente simboli di potere, armi di tipo greco (elmo, scudo, spada e punta di lancia), bronzi e ceramiche decorate.
L’Archeoparco permette, attraverso ricostruzioni scenografiche e esperienze interattive, di fare un tuffo nella storia e nel mito della Basilicata del VI-IV secolo A.C.
A Balvano (PZ), invece, sul cui centro abitato fortemente danneggiato dal sisma del 1980, dominano i ruderi del Castello Girasole risalente al X secolo, sicuramente da vedere è il convento di Sant’Antonio, fondato nel 1591 e splendidamente affrescato dal pittore seicentesco Girolamo Bresciano.
Savoia di Lucania e Sant’Angelo le Fratte
Appollaiato su un’altura che domina il fiume Melandro, nell’abitato di Savoia di Lucania (PZ) spiccano le sagome del castello cittadino e della settecentesca chiesa di San Nicola.
Inoltre, un attrattore che lo rende alquanto interessante è il Museo della Memoria, dov’è possibile ripercorrere le gesta del controverso cittadino Giovanni Passannante che attentò alla vita di re Umberto I di Savoia nel 1878.
Nel museo anche la Collezione Vernotico, una delle più fornite raccolte italiane di cimeli e documenti del periodo fascista.
Nei dintorni, all’interno del fitto Bosco Luceto, le splendide e sempre più ambite Cascate di Vallone di Tuorno, alcune alte anche 20 MT.
Il paese, come i due confinanti centri di Satriano di Lucania e Sant’Angelo Le Fratte, rientra nel Circuito dei Borghi Virtuosi, e, condivide l’iniziativa artistico-culturale dei Murales.
Le case, i palazzi e le chiese sono letteralmente adornati da questi dipinti che si integrano perfettamente nell’abitato, in una sorta di equilibrata coesistenza.
Il borgo di Sant’Angelo le Fratte (PZ) è, invece, ornato dalla chiesa settecentesca Santa Maria ad Nives con all’interno, fra le altre, una tela del Pietrafesa, e un presepe permanente allestito nella grotta dove sorgeva un antico convento basiliano.
Noto come “il Paese dei Murales, delle Cantine e delle Statue“, poiché il suo centro abitato è fortemente caratterizzato dalla presenza di dipinti che abbelliscono le pareti delle abitazioni e degli edifici, e, per l’esistenza, qua e là per le vie dei paesi di statue a grandezza d’uomo, in in bronzo e in pietra, che sembrano quasi accogliere il visitatore, accompagnarlo nella scoperta dei vari angoli del borgo e condividere con lui i più diversi momenti della giornata.
In Agosto un gustoso percorso enogastronomico, Cantine Aperte, con degustazioni, in caratteristiche cantine scavate dentro la roccia della Montagna Carpineto (sono all’incirca 40) che lo sovrasta, di vini, salumi e formaggi.
Cenni storici: un destino legato al giovane Passanante
E’ il 6 febbraio 1849 quando nasce il piccolo Giovanni, nell’allora Salvia (l’attuale Savoia di Lucania) e nessuno dei suoi compaesani avrebbe mai collegato quella nascita al destino in serbo per la propria cittadina.
Giovanni Passannante il 17 novembre del 1878 attenta a Napoli con un coltellino, in nome della “Repubblica universale”, alla vita del re Umberto I di Savoia che rimane solo leggermente ferito.
Da quel giorno tutto cambiò, per lui, per la sua famiglia (la madre e le sorelle furono rinchiuse in manicomio), per il suo paese.
Giovanni viene arrestato e torturato perché sveli un’inesistente congiura. In tutta la nazione scatta la repressione ma molti esprimono solidarietà al giovane. Intellettuali, deputati e opinione pubblica di sinistra.
Fra questi c’è anche Giovanni Pascoli che per aver composto e letto pubblicamente la sua “Ode a Passannante” viene arrestato.
Il giovane salviano intanto viene condannato a morte, ma il re, compreso che il popolo italiano sarebbe insorto se lo avesse giustiziato, converte la condanna in ergastolo.
La punizione è, però, esemplare e Giovanni viene rinchiuso nel penitenziario di Portoferraio, sull’isola d’Elba, in una cella posta sotto il livello del mare, e infine in un manicomio.
Alla sua morte viene decapitato e il cranio e il cervello prelevati per diventare oggetto di studi lombrosiani prima di essere esposti, fino al 2007, al Museo Criminologico di Roma. Oggi i suoi resti riposano nel cimitero di Savoia di Lucania (Pz), la quale, dopo l’attentato, per evitare rappresaglie decise con la sua Amministrazione comunale di fare atto di sottomissione alla Casa reale cambiando il nome del paese da Salvia a Savoia di Lucania.
Da anni si batte per riaffermare l’antico nome un comitato “Pro Salvia” e intanto, a oltre mezzo secolo dalla caduta della monarchia, gli abitanti di Savoia continuano a chiamarsi nonostante tutto salviani.
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Castelgrande e Pescopagano, fra astronomie e abbazie






Dal borgo di Castelgrande (PZ), dominato dal nucleo del suo castello angioino, si gode una bellissima vista sul comprensorio del Marmo Platano.
Nel centro abitato la seicentesca chiesa dell’Assunta mentre in località Toppo sorge l’Osservatorio Astronomico Singao (Southern Italy Neutrino and Gamma Observatory), il primo centro internazionale aperto in Italia per esperimenti astrofisici, una struttura fondamentale per la ricerca nel settore.
A Pescopagano (PZ), su cui dominano i resti del castello del XV secolo sono, invece, da vedere la Torre dell’Orologio, posta sull’antica porta Sibilla, e le chiese dell’Annunziata e dell’Assunta, restaurate dopo il sisma del 1980,oltre alla chiesa di San Giovanni Battista, fondata intorno al Mille ma fortemente rimaneggiata.
Mentre, poco fuori dal centro abitato è la chiesa di San Lorenzo in Tufara, annessa all’antica abbazia benedettina fondata nell’XI secolo e di cui restano solo dei ruderi.
Tito e Sasso di Castalda, fra magnifici cicli pittorici, irte rupi e ponti tibetani







Tito (PZ) è uno dei centri alle porte del capoluogo che dovette la sua fioritura alla distruzione nel 1420 dell’antica Satrianum, parte della cui popolazione fu accolta proprio dalla comunità locale.
La sua storia è legata inscindibilmente ai moti republicani del 1799 per i quali molti titesi versarono il proprio sangue e come l’eroina Francesca Cafarelli De Carolis, giustiziata il 27 Maggio 1799 dai sanfedisti del Cardinale Ruffo in piazza del Seggio.
Qui si trova il Palazzo Comunale col suo arco del ‘400.
Da vedere il cinquecentesco convento di Sant’Antonio da Padova col suo chiostro magnificamente affrescato dal Pietrafesa nel 1606, e l’annessa chiesa abbellita da un notevole ciclo pittorico del XVI secolo di Girolamo Stabile e da altre opere di Pietrafesa e Antonio Stabile.
Sasso di Castalda (PZ) è un piccolo borgo su cui domina un’irta rupe sulla quale sorgono i ruderi dell’antico castello, rientrante nel comprensorio montano della Sellata-Pierfaone, e con le sue attrezzatissime piste da sci è un vero paradiso per gli sciatori.
Fu roccaforte normanna (si chiamava, infatti, in origine Pietra Castalda, cioè rupe fortificata e sono da vedere le chiese dell’Immacolata con portale barocco e opere del Pietrafesa, e di Sant’Antonio, che custodisce una scultura di Sant’Antonio tra Santa Caterina e Santa Filomena, dell’inizio del 1500.
Negli anni più recenti è diventato ancora più rinomato e frequentato da visitatori provenienti da ogni parte per l’esistenza di uno dei ponti tibetani più lunghi al mondo, denominato il “Ponte alla Luna“, che nel giro di poco tempo è già stato percorso da migliaia di persone. E il contesto paesaggistico nel quale è stato creato di sicuro non lascia indifferenti, anzi, è qualcosa che, a dir poco, toglie il respiro. Si tratta, infatti, delle profondissime e stupefacenti Gole del Melandro.
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Ruoti, Bella e San Chirico, fra sorgenti e abeti bianchi





Ruoti (PZ) è una vera perla naturalistica immersa fra vigneti, da cui si ricava il vino bianco frizzante Asprino, boschi che si estendono per 120 ettari con splendidi esemplari di abete bianco, e oltre quaranta sorgenti naturali.
Nel centro storico la chiesa di San Nicola, con tele cinque-seicentesche fra cui una Madonna delle Grazie del Pietrafesa.
Poco fuori il paese i resti della villa romana di San Giovanni del I secolo D.C.
Nel borgo di San Chirico Nuovo (PZ) i resti del castello feudale, oggi parzialmente adibito ad abitazioni, e la chiesa di San Nicola di Bari col suo impianto romanico e gli interni barocchi. Davvero tante le passeggiate possibili nei folti boschi del circondario.
A Bella (PZ) sono, invece, da vedere la chiesa Madre dell’Assunta, e quella delle Grazie, risalente al ‘500 con all’interno opere di Andrea da Salerno e Giovanni Todisco, oltre al castello risalente al Mille e completato nel 1567, anche se nei secoli profondamente rimaneggiato.
Brienza, col suo castello, è un piccolo gioiello medievale





Brienza (PZ) è un suggestivo borgo che ha conservato perfettamente la sua struttura medievale attorcigliata intorno allo spettacolare Castello Caracciolo, di fondazione angioina, ma ricostruito nel 1571, secondo fattezze che ricordano quelle di alcuni castelli del Nord Europa.
Veglia dall’alto sull’abitato che trova il suo cuore pulsante in piazza del Municipio.

Su di essa si affacciano il convento dei Frati Minori Osservanti, oggi sede degli uffici comunali, risalente al ‘500 col suo chiostro affrescato, e l’annessa chiesa dell’Annunziata.
Intorno alla piazza si diramano le cosiddette “strettule”, i caratteristici vicoli del paese capaci di offrire scorci davvero singolari.
Percorrendone uno dei più suggestivi, la strettula di “Maruggi”, ci si imbatte nella duecentesca, anche se in seguito rimaneggiata, chiesa di San Zaccaria, che all’interno custodisce diverse opere d’arte fra cui una Circoncisione attribuita alla scuola di Luca Giordano.


Fra gli altri luoghi di culto la chiesa Madre dell’Assunta, risalente al’XI secolo, ma rimaneggiata a partire dal ‘700, la cappella di San Michele, detta “dei Greci” perché adibita al rito ortodosso, risalente al XII secolo e internamente affrescata, la seicentesca chiesa della Madonna degli Angeli, poco fuori dal centro abitato, impreziosita da pregevoli dipinti del Pietrafesa.
Infine i suggestivi ruderi della chiesa di San Martino (XI secolo) immersi nel verde della scoscesa scarpata su cui sorge insieme ai resti del nucleo più antico dell’abitato, risalente al VII secolo.
Terra di pensatori dalle idee illuminate
Nato a Brienza (PZ) nel 1748, Mario Pagano, il giurista e politico noto al mondo come intellettuale di grande rigore morale e civile, giustiziato nel 1799 per essere stato uno dei fautori della Repubblica partenopea nei concitati anni dei moti antifrancesi, fu sicuramente una delle figure di spicco del pensiero liberale lucano.

Famosa la sua affermazione “la confessione estorta tra i tormenti, è l’espressione del dolore, non già l’indizio della verità”.
Legata a Pagano è un’altra grande figura di spicco fra i pensatori lucani, Giustino Fortunato, che nacque, invece, a Rionero in Vulture (Pz) nel 1777, uomo chiave e Primo ministro del Regno delle Due Sicilie, oltre che storico e meridionalista desideroso di smuovere le acque stagnanti entro cui versava il Mezzogiorno e strenuo oppositore delle idee che furono poi alla base del regime fascista di cui intuì subito l’estrema pericolosità.

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Oppido Lucano e i reperti archeologici dell’antica Bantia Civitas





Il borghetto di Oppido Lucano (PZ), circondato da rilassanti colline ricoperte di uliveti, oltre a essere ricco di chiese che custodiscono preziose opere d’arte, tutt’attorno è ricchissimo dal punto di vista archeologico con reperti risalenti anche al VII secolo A.C.
Di straordinaria importanza fu, nel 1790, il ritrovamento sul Monte Montrone, un tempo parte del territorio dell’antica Bantia Civitas, l’attuale Banzi (Pz), della Tabula Bantina, una lastra bronzea risalente al II secolo A.C., oggi custodita nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Gli splendidi affreschi della cripta di Oppido (XIV secolo), gioiello di pittura rupestre.
Si tratta del più importante reperto mai rinvenuto in lingua osca, quella cioè appartenuta ai cosiddetti Osci, la popolazione di ceppo sannitico che abitò in quel periodo anche queste aree.
Di un periodo successivo ma altrettanto interessanti sono i ritrovamenti, molti dei quali custoditi nel Museo Archeologico Nazionale di Muro Lucano (PZ), risalenti al I secolo A.C. delle due ville romane di Masseria Ciccotti e San Gilio, quest’ultima inserita peraltro di recente nella lista dei siti da salvare stilata dal World Monument Watch, l’organizzazione internazionale specializzata nell’individuazione
dei luoghi di particolare pregio da preservare .


La prima ha restituito pregiati marmi, capitelli ionici e un importante mosaico figurato, mentre quella di San Gilio, che si estendeva su una superficie di oltre seimila metri quadrati con due grandi e articolati impianti termali, una fontana-abbeveratoio e una serie di cisterne, ci ha fatto dono di preziose lastre funerarie e diversi oggetti di uso domestico risalenti all’ampio arco temporale che va dal I secolo A.C. al VI secolo.
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Satriano di Lucania e la Torre luogo-simbolo della Lucania antica






Edificata dai Normanni nel XII secolo e arroccata su un promontorio che sfiora i mille metri di altitudine, è ciò che resta dell’antica Satrianum, roccaforte longobarda sorta su un precedente insediamento che risale all’Età del ferro, che dovette la sua fortuna proprio alla posizione strategica di cui godeva.

Dall’alto della rupe su cui sorge, era in passato utilissima per controllare i traffici del circondario.
Dall’alto della rupe su cui sorge, era in passato utilissima per controllare i traffici del circondario.
Dal punto in cui sorgeva si poteva, infatti, facilmente controllare tutto l’intorno, crocevia, grazie al varco della vicina Valle del Basento, fra la costa tirrenica e quella jonica, e punto di collegamento, per mezzo della Valle del Melandro, con la Campania, con la quale intratteneva pertanto fiorenti scambi.
L’area archeologica che circonda i resti della torre ha restituito alla luce importantissimi frammenti di ceramiche risalenti al periodo compreso fra il X e il VII secolo A.C., attestanti influenze elleniche su questa parte dell’antica lucania, oltre ai resti di un’imponente fortificazione e di un santuario del IV secolo A.C.
La città fu rasa al suolo nel 1420 per volere della regina Giovanna I di Napoli, dopodiché la sua popolazione si disperse nei dintorni e parte di essa fondò l’attuale Satriano di Lucania (PZ).
Il borghetto è noto anche come il “Paese dei Murales” per i numerosi dipinti raffiguranti tradizioni e scene di vita quotidiana locali che adornano le facciate delle case, tanto da divenire nel 1983 la Capitale del Mezzogiorno di quest’arte pittorica.



Si sviluppa, con i suoi graziosi vicoletti punteggiati da diversi palazzi gentilizi sei-settecenteschi, intorno alla chiesa Madre intitolata a San Pietro Apostolo, ricostruita negli anni Cinquanta, sull’originaria chiesa seicentesca di cui rimane soltanto il bel campanile.
Fra gli altri edifici sacri più interessanti la chiesa dell’Assunta, il cui nucleo originario risale al XII-XIII secolo.
Ha all’interno alcune tele seicentesche del Pietrafesa, che qui trovò i suoi natali e che proprio alla cittadina deve il suo nome d’arte (Satriano si chiamò, infatti, Pietrafixa, fino al 1887).
E poi la Cappella della Madonna della Rocca, del ‘400, un tutt’uno con la roccia nella quale è ricavata, e, poco fuori dal centro storico, la cinquecentesca cappella di San Giovanni, decorata all’interno con un affresco del Pietrafesa.

Nel centro abitato, su cui dominano i resti della Rocca del Poggiardo, sono, inoltre, da visitare la Mostra permanente “Satriano le origini”, che espone interessanti reperti archeologici, e il Museo della civiltà contadina.
Il Carnevale di Satriano ricordando l’emigrazione




Si tratta di uno degli ultimi rituali arborei rimasti integri nella regione, ricco di simbolismi e strettamente legato alla tema dell’emigrazione.
Si svolge a Satriano di Lucania in occasione del Carnevale e i protagonisti della suggestiva tradizione sono il Romito (l’eremita), ricoperto di tralici d’edera, raffigurante il satrianese rimasto in paese, nonostante le difficoltà che deve affrontare nella sua terra ma felice per averlo fatto e per questo gioiosamente danzante, e l’orso, vestito di pelli di pecora o capra, ovvero l’emigrante che ha fatto fortuna lontano dalla sua terra e che torna per questo rivestito di pelli pregiate, ma ormai privo della propria identità culturale, incapace di comunicare con i compaesani e perciò muto.
Un affascinante viaggio in maschera, dunque, nell’anima del popolo lucano.
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Il colpo d’occhio sul borgo-presepe di Pignola alla sera è davvero accattivante




Fra folti boschi e vette dove d’inverno si scia sorge il borghetto di Pignola (PZ), che si raggiunge in soli dieci minuti dal capoluogo lucano.
Esso è adagiato su un’altura di 927 metri ed è un autentico gioiellino urbanistico con le sue abitazioni che si sviluppano lungo cerchi concentrici che si restringono man mano che si sale verso il punto più alto del paese.
A congiungerli l’uno all’altro ripidi vicoletti lastricati, stretti cunicoli e appese scalinate, come la Priscinia per esempio, che col suo andamento semicircolare si fa largo fra suggestivi palazzi d’epoca ornati da magnifici portali in pietra scolpita.
Pignola, è, infatti, anche noto come il “Paese dei cento portali”, e, in effetti, ce ne sono di tutti i tipi, incastonati nei numerosi palazzi sei-settecenteschi cittadini insieme a cariatidi, telamoni e mascheroni, utilizzati un tempo per legare i cavalli.
Hanno le forme più svariate, realizzate dai maestri scalpellini che a lungo hanno operato nella fiorente scuola locale della lavorazione della pietra.







Porta d’ingresso al cuore più intimo del paese la sbilenca Piazza Vittorio Emanuele II che con la sua forma irregolare ricorda quasi una conchiglia.
Intorno una serie di palazzi nobiliari da cui si ergono affascinanti guardiani di pietra che sorreggono davanzali e balconi ornati da sontuose ringhiere in ferro battuto.
In uno dei punti panoramici più belli di questo borgo-presepe sorge la chiesa Madre dedicata a Santa Maria Maggiore.
Ultimata nel Trecento, anche se in seguito ricostruita a causa di diversi eventi sismici, al pari del suo imponente campanile decorato da bassorilievi, custodisce nei suoi maestosi interni numerose opere d’arte.
Fra queste dipinti seicenteschi del Pietrafesa, che morì a Pignola nel 1653 e il cui corpo, secondo la tradizione, sarebbe sepolto proprio nel pilastro a sinistra del presbiterio della chiesa, e di Filiberto Guma, pignolese, uno dei suoi più talentuosi seguaci.
Da vedere sono anche la chiesa di Sant’Antonio, col suo portale settecentesco che incornicia la Porta del Giubileo realizzato in bronzo nel 1999 da Antonio Masini, uno dei più apprezzati artisti lucani contemporanei, e la chiesa di San Rocco, un tempo parte di un convento rinascimentale, oggi non più esistente.
Vi si accede da un portale seicentesco che racchiude un’altra pregevole porta bronzea contemporanea, realizzata in onore del pontefice Giovanni Paolo II, all’indomani della sua scomparsa, da un altro esponente di spicco dell’arte lucana, lo scultore Marco Santoro.
Entrambe, che custodiscono al loro interno pregevoli opere d’arte, sono solo alcune delle innumerevoli chiese che costellano il territorio comunale.



Una di queste è il Santuario della Madonna degli Angeli che sorge in località Pantano e custodisce l’effigie della Patrona del paese, una delicata scultura rivestita in oro zecchino raffigurante appunto la Madonna degli Angeli.
A lei è dedicata una lunga festa fra la terza e la quarta domenica di maggio durante la quale è possibile assistere anche alla secolare tradizione della Uglia, che fonde in sé sacro e profano : impavidi ballerini del popolo portano a spalla un baldacchino raffigurante la Madonna che viene fatto danzare fra le fiamme di un grande falò, allegoria della Vergine che vince le forze del male.

L’Oasi del Pantano è un vero eden per chi ama natura e sport
Visitato il borghetto, dov’è da vedere anche il Museo Scenografico del Costume e della Civiltà Rurale, che espone attrezzi e costumi della tradizione contadina lucana, ci si può immergere completamente nella natura lussureggiante – il territorio pignolese ricade, d’altronde, nel Parco Nazionale dell’Appennino Lucano-Val d’Agri-Lagonegrese – dei folti boschi che lo circondano, fra i quali quelli di Rifreddo o quelli che salgono verso il Passo della Sellata-Pierfaone, dove peraltro si scia.
Oppure scendere più a valle verso la Riserva regionale Oasi Wwf Lago Pantano di Pignola, un autentico paradiso per gli amanti del birdwatching, all’interno del quale opera anche un Centro di recupero di animali selvatici.
Nei dintorni, costellati di agriturismo e ristoranti che propongono la gustosa cucina tipica locale, moltissime le possibilità per gli amanti dello sport con ben organizzati maneggi, piste per i karting e il volo a bordo di velivoli ultraleggeri, oltre ad aree attrezzate per jogging, ciclismo, tennis, nuoto, sia all’interno che all’aperto, e luoghi per la pesca sportiva.
Il vertiginoso Palio di Sant’Antonio a Pignola
Il 16 gennaio di ogni anno si tiene il Palio di Sant’Antonio Abate, Protettore degli animali.
Un’adrenalinica corsa di muli e cavalli che si snoda fra gli scoscesi e scivolosi vicoli del paese, non di rado, visto il periodo in cui si svolge, imbiancati dalla neve.
Tre avvincenti giri a tutta velocità intorno alla chiesa dedicata al santo che, oltre allo spettacolo dato dai fantini, offrono collateralmente anche la possibilità di degustare piatti della cucina tradizionale locale come gli “strascinati” (pasta fresca) conditi con sugo, salsiccia e mollica di pane raffermo.
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Francesco Saverio Nitti ed Emanuele Gianturco, figure di spicco della politica e del diritto italiani
Nato a Melfi (PZ) nel 1868 ed eletto deputato nel 1904 nel collegio di Muro Lucano (PZ), Francesco Saverio Nitti fu uno degli statisti più importanti del suo tempo.
Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d’Italia nel 1919 e a capo anche di vari ministeri.
Con l’ascesa al potere di Mussolini fu perseguitato dai fascisti al punto da dover fuggire all’estero dove, fra il ’43 e il ’45, fu deportato dai tedeschi. Alla fine della seconda guerra mondiale però, dopo 21 anni d’esilio forzato, rientrò in Italia e fu membro dell’Assemblea Costituente dove diede un contributo fondamentale alla stesura del testo costituzionale.
Suo maestro etico fu Giustino Fortunato del quale fu forse più pratico soprattutto in tema di Questione Meridionale dove dichiarò guerra al sistema latifondista .
Nacque, invece, ad Avigliano (PZ) nel 1857 il giurista e politico Emanuele Gianturco, due volte ministro di Grazia e Giustizia e a capo anche di diversi altri ministeri.
Fu uno dei capofila della “Scuola Napoletana” di diritto civile e fornì importanti contributi al dibattito giuridico nazionale contribuendo a porne le basi del Diritto italiano, sostenitore quale era dell’avvento di un “diritto privato sociale” che fosse in grado di dare nuove risposte alla nascente società di massa.
Fra sci, trek e mountain bike
Il comprensorio montuoso intorno a Potenza insieme con le valli che si insinuano tra le increspature dell’Appennino offrono grandi possibilità per gli amanti del trekking e del cicloturismo con percorsi molto accattivanti.
Per chi ama sciare davvero, le piste di Sellata-Pierfaone-Arioso sono molto belle.
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Fra eventi e spettacoli d’appeal
Molti i richiami per chi non ama annoiarsi.
Fra questi : a Potenza, il Maggio Potentino (eventi culturali e di svago) e Suoni del Basento (musica etnica); a Brienza (PZ), Notti al Castello (visite guidate e concerti); a Pignola (PZ), la Rassegna Internazionale del folklore e Pignola in blues, con artisti molto noti.