
I Calanchi sono particolari forme di erosione innescate dall’azione combinata del sole (che surriscalda la parte superficiale dell’argilla provocandone screpolature e fessure) dell’acqua piovana.
Questa, per infiltrazione, provoca la disgregazione delle argille dando vita a geometrie radiali o a pettine separate da stretti crinali a “lama di coltello” e da guglie aguzze.
L’area, straordinario Museo a cielo aperto della storia geologica della Basilicata, un tempo, coperta dal mare, ha cominciato ad assumere le sue caratteristiche a partire dal Pleistocene Inferiore e Medio (da 1,8 milioni a 1.200.000 anni fa) in seguito alla trasformazione delle Argille subappennine.
La sua metamorfosi è in continuo divenire e in futuro i Calanchi occuperanno una superficie sempre maggiore a causa dell’arretramento dei versanti dei rilievi.

Sacro agli antichi Egizi, il capovaccaio ha dato vita fra le tranquille creste dei Calanchi a una delle sue rare colonie italiane.

Fra i cieli volano nibbi reali, bianconi e poiane, mentre a terra si vedono soprattutto volpi, faine, ricci, lepri e donnole.
La vegetazione che ricopre i Calanchi è generalmente molto scarsa ed è costituita essenzialmente da cespugli e dai cosiddetti alimi, curiosi arbusti dalle foglie argentee, alti non più di due metri, aggrappati alle scoscese pareti argillose, mentre per quel che riguarda la fauna ci sono soprattutto volpi, ricci, faine, lepri, donnole e diversi rapaci fra i quali poiane, nibbi reali, bianconi e capovaccai.
Proprio questi ultimi, un tempo più diffusi in buona parte dell’Italia centrale e meridionale, hanno dato origine fra le increspature calanchive, a una delle rare colonie italiane ormai esistenti, il capovaccaio, “Neophron peronopterus”, il più piccolo degli avvoltoi europei, con un’apertura alare che non va oltre il metro e mezzo, è, infatti, oggi presente nella penisola in appena trenta esemplari, che vivono in maniera stanziale fra Basilicata appunto, Sicilia, Puglia e Calabria, mentre altri ne arrivano in primavera dall’Africa per poi ritornarvi seguendo le stagionali rotte migratorie.
Nell’antichità era considerato un animale sacro nell’Egitto dei Faraoni, utilizzato simbolicamente nei geroglifici, e vederlo volare è un vero spettacolo col suo piumaggio bianco e l’inconfondibile becco giallo-arancio con la punta nera.
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