Cosa Vedere nella Costa jonica della Basilicata:
da Metaponto fino a Nova Siri il profumo della Grecia
Cosa Vedere nella Costa jonica lucana? tra la piana e le spiagge, è l’itinerario da percorrere per riscoprire quel fenomeno grandioso noto come “la Magna Grecia” o Grecia d’Occidente che qui, senza dubbio, ebbe il suo massimo splendore.
Cosa Vedere nella Costa jonica:
terra dall’agricoltura eccezionale
Cosa Vedere nella Costa jonica. La Costa jonica della Basilicata, o, come anche si suol dire il Metapontino, è sinonimo di spiagge quiete, ampie e sabbiose, orlate da pini ed eucalipti, profumate di macchia mediterranea e di agrumi, ma anche di campagne intensamente coltivate, risorte dopo secoli di abbandono e malaria, che producono frutta e ortaggi esportati anche fuori dall’Italia.
I Paesi presenti in quest’area sono i seguenti:
Policoro (MT) – Bernalda – Metaponto (MT) – Nova Siri (MT) – Rotondella (MT) – Montalbano Jonico (MT) – Pisticci (MT) – Scanzano Jonico (MT).
Buona lettura!!!
Costa jonica della Basilicata:
Il Canto del mare e del mito
Enormi, sconfinate spiagge di sabbia dorata lambite da un mare cristallino. Siamo nel cuore della Magna Grecia con le sue straordinarie testimonianze archeologiche a cui fanno da sfondo paesaggi incontaminati e autentiche rarità naturalistiche.
Oro e azzurro sono i colori dominanti della costa, splendido intreccio di mare, spiagge dorate e abbagliante luce mediterranea.
Placide, larghe, sconfinate distese di sabbia fine baciate dal sole e accarrezzate dal moto eterno delle onde del mare che oggi, come millenni fa, continua a cantare il mito, storie di eroi e divinità, filosofi e guerrieri, innovativi artisti e architetti, re e valorosi condottieri che queste coste da sempre, da tempi immemori, hanno accolto.
Perchè il tratto jonico lucano, in provincia di Matera, che da Metaponto, al confine con la Puglia, si estende fino a Nova Siri (MT), lembo estremo della regione prima della Calabria, è questo, un incredibile concentrato di storia e natura, antiche leggende e mare incontaminato, spiagge dorate, arte e cultura. Una cultura che qui e nelle altre regioni dell’estremo Meridione d’Italia affonda le sue radici in quella straordinaria e raffinata Magna Grecia, culla di tutta la civiltà occidentale. Trentacinque chilometri di coste in molti tratti selvagge incastonate tra l’azzurro del mare e il verde intenso della macchia mediterranea. In mezzo un lunghissimo, ininterrotto, se non per brevi tratti, nastro di sabbia dorata lungo il quale ci si può “perdere” in chilometriche, liberatorie e rilassanti passeggiate sul bagnasciuga, abbagliati dai colori e dalla luce intensa di quest’angolo di Mediterraneo, lontani dal caos e dai rumori di destinazioni più affollate e meno intatte a livello paesaggistico. Una meta ideale per chi vuole coniugare mare e sole con arte e cultura.
Sono, infatti, tante le straordinarie testimonianze, sia in prossimità del mare che nell’immediato entroterra, che quell’evoluto mondo greco, che a partire dal VII secolo A.C. approdò su queste coste, ha lasciato sul territorio, disseminandolo di templi, santuari, agorà, teatri e necropoli adorne di incredibili gioielli archeologici custoditi oggi nei ricchi musei della zona. Un territorio incastonato fra due altri capolavori della regione, uno artistico, a nord, rappresentato da Matera e dai suoi SASSI, l’altro naturalistico, a sudovest, con gli spettacolari scenari del Parco Nazionale del Pollino.
Fra di loro si fa largo la Piana del Metapontino, i cui ottocento chilometri quadrati di fertilissimi terreni ne fanno la più ampia pianura della regione, che si estende placida fino a raggiungere il mare limpido, più volte Bandiera blu, con i fondali sabbiosi e poco profondi che caratterizzano la costa, perfetti quindi per chi è in vacanza con bambini.
Il litorale jonico è in grado di accontentare un pò tutti i gusti con spiagge ben attrezzate, alternate ad altre più isolate e selvagge tutte da scoprire.
Le ampie e diversificate spiagge insieme con un’offerta ricettiva davvero variegata – si va dagli intimi bed & breakfast e agriturismi a conduzione familiare immersi nella campagna in prossimità del mare fino ai più classici alberghi, villaggi turistici e camping.
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La Piana di Metaponto, la “California del Sud”
L’origine alluvionale dell’unica vera grande pianura lucana (il 92 per cento della regione è, infatti, ricoperta da colline e montagne), che si estende per una lunghezza di 35 chilometri e una larghezza di circa 30, è legata alla plurisecolare azione erosiva dei cinque corsi d’acqua a carattere torrentizio che
dall’Appennino la attraversano a ventaglio prima di sfociare nello Jonio lasciando lungo il loro percorso detriti che nei millenni l’hanno resa fertilissima. Sinni, Agri, Basento, Bradano e Cavone hanno, infatti, colmato la pianura di sabbia, pietre e argilla erose ai monti occidentali della regione inseminando la terra e favorendo la propagazione di vegetazione e habitat umidi caratterizzati da ecosistemi di straordinaria ricchezza.
Deriva da ciò e da un clima particolarmente generoso l’estrema varietà di quest’area che non a caso è diventata fra le più ricche della regione oltre che dal punto di vista naturalistico anche da quello economico grazie a coltivazioni agricole di altissima qualità esportate in enormi quantità anche oltre confine.
Dopo secoli di abbandono delle terre malariche ricoperte di paludi e terreni incolti bonificati a partire dal ventennio fascista, il periodo del secondo dopoguerra coincide per il Metapontino con l’inizio della grande ripresa economica che lo ha condotto oggi a diventare una delle aree più floride della regione.
Proprio grazie a quella Riforma agraria che, attuata a partire dagli anni ’50, ha dato via via risposta alla condizione di povertà e malessere in cui versavano migliaia di braccianti più volte denunciata, anche attraverso la lotta in prima linea al fianco dei contadini, dai più convinti meridionalisti.
Un processo che portando all’espropriazione e alla ridistribuzione fra le classi meno abbienti di migliaia di ettari di terreni incolti, risultato della radicata cultura latifondista che fino ad allora aveva prevalso, ha conferito grande vigore e vitalità economica a tutta la Pianura Metapontina.
Eccellenze joniche
Metaponto (MT) ospita una struttura di ricerca scientifica d’eccellenza per l’intera nazione, la Metapontum Agrobios, costituita nel 1985, con l’obiettivo di trasferire innovazione all’agricoltura con progetti legati alle biotecnologie vegetali e dell’ambiente.
Fra questi la ricerca applicata agli OGM e al miglioramento della qualità delle colture, fra le quali, per esempio, il Pomodoro San Marzano, oltre che a nuove forme di protezione delle piante da virus e insetti.
Le sponde del mondo greco in Basilicata: templi, agorà e teatri
Enotri, Greci, Lucani. Una terra di scontri vocata all’incontro
Posizione geografica, mare, fiumi navigabili che risalendo le valli conducevano al cuore della Lucania, al Tirreno e alla Campania Etrusca, hanno fatto di questa terra luogo di scontro, ma anche d’incontro fra civiltà di cui restano affascinanti tracce.
E se i Greci della Magna Grecia hanno lasciato a partire dal VII secolo A.C., e prima
ancora di loro i Micenei, stupende testimonianze della loro arte, non sono da meno anche quelle degli Enotri-Choni, che abitarono queste terre a partire dal IX secolo A.C., e dei Lucani, che arrivarono dal centro Italia nel V secolo A.C. stanziandosi più all’interno, fra alture e valli fluviali, molte delle quali custodite nei ricchi musei regionali.
Metapontum, Siris ed Herakleia: perle lucane della Grecia d’Occidente
La visita delle testimonianze che rimangono dell’antica Metapontum ha come prima tappa le cosiddette “Tavole Palatine”, com’è stato definito il tempio di Hera, il principale luogo di culto della colonia. Sorgeva, secondo una tradizione diffusa in tutto il mondo greco, su unacollinetta in prossimità di una sorgente sacralizzata.
Nell’area sono stati rinvenuti numerosi frammenti della complessa decorazione architettonica che caratterizzava l’imponente struttura, fra cui spiccano stupendi gocciolatoi a testa leonina, oltre a stipi votive e ceramiche utilizzate durante i riti sacri. Del tempio, eretto in stile dorico nel VI secolo A.C., rimangono in piedi ben quindici colonne e se ci si trova da queste parti al tramonto lo spettacolo è davvero fantastico col chiaro del colonnato che contrasta con l’azzurro del cielo e dell’orizzonte che lentamente si tingono di arancio fra suggestioni capaci di proiettare in quelli che dovevano essere i fasti e le atmosfere dell’antica Grecia, popolate da divinità e affascinanti personaggi mitologici.
Le imponenti colonne delle Tavole Palatine dell’antica Metapontum.
Nel Parco Archeologico, che si trova in località Metaponto Borgo, sono, invece, visibili i resti dell’antica città risalente al IV secolo A.C. con la sua struttura urbanistica definita da strade perfettamente ortogonali. Resti di abitazioni ma anche dell’Agorà, del teatro a emiciclo e di quattro templi, tra cui il Tempio di Apollo Licio, eretto in stile dorico nel VI secolo A.C., è il maggiore con una pianta a otto e sedici colonne, sul lato più lungo, testimonianza straordinaria di quella che era l’architettura sacra del tempo. Dello stesso periodo anche gli altri due templi dedicati ad Hera e Afrodite, mentre l’ultimo, eretto probabilmente in onore di Atena, è in stile jonico e risale all’incirca al 407 A.C., sovrapposto a una precedente struttura di età arcaica destinata alle assemblee cittadine.
Sul lato opposto dell’attuale strada di accesso al Parco, si sviluppa l’area del cosiddetto Castrum romano, realizzato nel III secolo A.C. per ospitare la guarnigione militare romana durante la lunga guerra contro Annibale e la sua Cartagine.
Completa l’estrema ricchezza del Parco la necropoli in località Crucinia, utilizzata dalle aristocrazie metapontine nel corso del IV secolo A.C. , che si caratterizza
per la monumentalità delle sepolture, del tipo a sarcofago con cassa e copertura in blocchi squadrati, da cui provengono autentici gioielli artistici quali raffinate ceramiche, orecchini in oro con lavorazioni in filigrana, strigili (strumenti utilizzati dagli atleti per detergere il sudore), specchi e fibule in bronzo, a sottolineare l’elevato rango sociale dei defunti che contenevano.
Molti di questi ed altri reperti sono oggi custoditi nel Museo Archeologico Nazionale di Metaponto, nel cuore del centro abitato, per comprendere ancor meglio l’evoluzione di questa colonia greca. Prima ancora che Metapontum si affermasse come ricca città commerciale altri insediamenti greci erano già avvenuti sulla costa, più a sud, tra i fiumi Agri e Sinni.
Alcuni di questi ebbero vita breve, mentre, straordinaria fortuna, al pari di Metapontum, di cui insidiò a tratti anche il territorio, ebbe la colonia di Herakleia, l’attuale Policoro (MT), fondata intorno al 433 A.C. dalle più potenti città di Taranto e Thourioi sulle rovine della precedente Siris, edificata, invece, nel VII secolo A.C. dai greci provenienti da Colofone, Asia Minore, e distrutta poi nel secolo successivo dalle colonie achee di Metaponto, Crotone e Sibari.
La città, proprio per la sua prosperità venne eletta sede della Lega Italiota nel 370 A.C. e ricoprì a lungo un ruolo strategico sia per la sua posizione al centro del Golfo di Taranto sia per la fertile pianura su cui sorgeva, solcata da due fiumi navigabili, crocevia essenziale per i traffici che provenienti via mare dall’Oriente prendevano, risalendo i due corsi d’acqua, la via dell’entroterra e della costa tirrenica.
Questo ne fece perciò teatro di diverse battaglie per il controllo dello strategico territorio fra cui il primo grande scontro, nel 280 A.C., fra il mondo ellenistico e quello romano negli anni in cui Roma stava cercando di espandere la sua influenza sulla penisola italica e mirava alla conquista delle città della Magna Grecia.
Siamo nella piana situata fra Herakleia e Pandosia e ad affrontarsi sono l’esercito di Pirro, re dell’Epiro accorso in difesa di Taranto, e quello dei Romani.
Una battaglia storica, ricordata come Battaglia di Herakleia, nella quale ad avere la meglio furono i Greci, grazie soprattutto agli enormi elefanti da guerra che Pirro aveva portato con sé e che sorpresero le milizie romane che mai ne avevano visto un esemplare.
Di tutte queste antiche vestigia restano importanti tracce nel Parco Archeologico Siris-Herakleia che custodisce le rovine delle due città.
Al periodo di Siris appartengono i resti di piccole aree sacre e di una fortificazione in
mattoni crudi che cingeva la parte alta dell’insediamento, mentre a quello di Herakleia ciò che rimane degli edifici dei quartieri abitativi, e delle botteghe artigianali del IV-III secolo A.C. destinate alla produzione di ceramiche e di statuette votive. Molti di questi reperti sono custoditi nel Museo Archeologico Nazionale della Siritide, attiguo al Parco, e neipressi del quale si trovano anche il Santuario di Demetra e il tempio di Dioniso, del VII secolo avanti Cristo.
Appartengono, invece, al III secolo A.C. le famose Tavole di Heraclea, conservate oggi nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli, considerate un documento, scritto su tavole bronzee, di straordinaria importanza e fondamentale per capire il funzionamento della macchina amministrativa non soltanto di Herakleia, ma anche di tutta la Magna Grecia. Inoltre, l’area archeologica durante l’estate ritorna a vivere in un suggestivo intreccio tra storia e arte teatrale attraverso la rassegna Teatri di pietra, che propone un ricco calendario di piece teatrali portate in scena da noti attori.
Cenni storici: Pitagora, il genio designato dagli dei
Era nato a Samo nel 570 A.C. ma nel 531 aveva deciso di lasciare la Grecia per trasferirsi a Crotone, una delle più fiorenti colonie magnogreche.
l suo nome era Pitagora e su di lui, anche se di fatto figlio di umani, circolarono sempre voci che lo volevano, secondo la leggenda, venuto sulla Terra per volontà di Apollo, in linea con quanto profetizzato dalla sacerdotessa Pitia (la Pitonessa), cui si fa risalire il suo nome.
L’animo perennemente incuriosito alla realtà che lo circondava lo portarono a viaggiare per Egitto, Mesopotamia, Persia, dove apprese le leggi e i misteri del cielo e della terra dai sacerdoti di Iside, dai magi di Babilonia e addirittura da Zarathustra, il che lo portò a essere considerato all’epoca un semidio e soprattutto lo trasformò in uno dei più grandi geni dell’antichità.
E a Crotone, dove la sua fama era già nota, fu davvero accolto come un dio seminando ovunque prodigi e insegnando rettitudine di condotta.
Vi fondò la sua prolifica scuola per essere ammessi alla quale gli adepti dovevano osservare prove durissime e soltanto quelli che resistevano, seguendo i suoi insegnamenti, dopo un lungo percorso, potevano assumere il titolo di “pitagorici”, rispettato come filosofi, cioè “amanti della sapienza”, e temuti per le loro occulte conoscenze magiche e scientifiche, due realtà che mai il maestro disgiunse in vita.
Si racconta, infatti, che anche quando scoprì la legge del suo famoso teorema, rese grazie agli dei con arcani rituali.
Prodigi, successo, popolarità col tempo gli procurarono, però, parecchie invidie da parte di potenti nemici che si allearono contro di lui costringendolo a lasciare Crotone e a rifugiarsi a Metaponto, dove visse fino alla fine dei suoi giorni, nel 495 A.C.
Qui continuò a diffondere i suoi insegnamenti nella scuola che vi aveva fondato che rimase a lungo attiva anche dopo la sua morte.
Attualmente, a ricordo della sua antica presenza e della sua magnificenza, in metaponto Borgo, è stata installata una grande statua ,e, sul Lungomare di Metaponto Lido, è stato eretto un busto commemorativo accanto a un elegante fontanino.
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I musei archeologici del Metapontino e i fasti della Magna Grecia
Le ricchezze delle aristocrazie metapontine:
Viaggio a ritroso nel tempo coi tesori dei musei cittadini
Il Museo Archeologico Nazionale di Metaponto propone un interessante percorso fra le varie fasi archeologiche del Metapontino a partire dal periodo preistorico.
Il tutto attraverso una ricca selezione di oggetti e complessi funerari e santuariali esposti in diverse sale tematiche che ricalcano le forme iniziali di popolamento della costa da parte degli Enotri-Choni, durante la media Età del bronzo e l’Età del ferro, la successiva fase greca, a partire dal VII secolo A.C., e quella delle trasformazioni dei centri italici dell’entroterra fra il VI e il IV secolo A.C., fino ad arrivare al periodo della conquista romana col conseguente graduale abbandono e decadimento dell’antica Metapontum.
Siris ed Herakleia, ma anche eccezionali reperti indigeni
Inaugurato nel ’69, il Museo Archeologico Nazionale della Siritide documenta i diversi aspetti della vita delle colonie greche Siris ed Herakleia, fulcro del percorso espositivo, la loro penetrazione lungo le vallate dell’Agri e del Sinni e la graduale ellenizzazione delle popolazioni indigene degli Enotri (con reperti delle necropoli di Latronico (PZ), Chiaromonte (PZ), Alianello (MT), Guardia Perticara (PZ) ) e dei Lucani, necropoli di Sant’Arcangelo (PZ), Senise (PZ), San Martino d’Agri (PZ).
I reperti esposti partono dal Neolitico e raggiungono il loro culmine nelle ricche collezioni relative a Siris ed Herakleia.
Eccezionali i grandi vasi a figure rosse provenienti dalla cosiddetta Tomba di Policoro (400 avanti Cristo), opera di pittori italioti.
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Bernalda e il talento lucano Francis Ford Coppola
“Quando vedi la Basilicata, vedi campi, vigneti, bellissimi paesaggi.
Una terra ancora preservata, autentica, pura. Vedi insomma la terra come doveva essere un tempo”.
Così Francis Ford Coppola, nella produzione del filmato “Basilicata autentica”, parla di quella terra in cui affonda le sue radici di uomo e fantastico artista quale è.
Il nonno del grande regista e sceneggiatore statunitense, indimenticabile per le sue pellicole “Patto generale d’acciaio“,
“Il Padrino“, “Apocalypse now” e molte altre, lasciò, infatti, Bernalda (MT) nel 1904 sulle rotte delle grandi traversate oceaniche verso il sogno del Nuovo Mondo, senza tuttavia mai abbandonarla nel ricordo e nelle tradizioni, molte delle quali – ha più volte raccontato lo stesso Francis –
scrupolosamente rispettate in famiglia anche in terra stelle e strisce.
Un cordone ombelicale con le sue radici più profonde che neppure lui ha mai tranciato in questi anni tornando più volte nella sua Bernalda, di cui è anche cittadino onorario, dove ha, peraltro, acquistato il
grande e sontuoso Palazzo Margherita per trasformarlo in un esclusivo albergo.
Bernalda e il rito del Patrono San Bernardino
Ma Bernalda, non è solo nota per aver dato i natali a un grande personaggio del Cinema, ma anche per una caratteristica tradizione legata a San Bernardino che si festeggia il 20 Maggio, anniversario della morte, e nei giorni fra la seconda e la terza decade di Agosto, per ricordare, invece, il suo miracolo che liberò il paese dalla peste.
In un’affollata processione, con cavalieri e figuranti in costume, la statua viene trasportata su un antico carro per condurre il quale, i possessori di camion e trattori partecipano a un’asta. Molti gli eventi culturali e sportivi collaterali.
L’entroterra jonico e le masserie fortificate
Intorno al comune di Bernalda, da cui si gode una bella vista sia sul mare che sul Basento, le fertili campagne sono costellate di masserie fortificate.
Fra queste merita sicuramente una sosta la masseria Torre di mare, che sorge non lontano dal Parco Archeologico di Metaponto, prima di ritornare, lentamente, dopo questo viaggio alla scoperta degli affascinanti paesaggi dell’entroterra e dei gioielli archeologici e artistici che gelosamente custodiscono, alle assolate spiagge della costa, per farsi cullare ancora una volta dalla dolce melodia di quello Jonio che da millenni continua a cantare il mito.
Un totem della natura fra suggestioni calanchive
Nelle campagne fra Montalbano Jonico (MT) e Pisticci (MT) si trova un luogo davvero singolare, conosciuto col nome di “Petrolla“, che nel gergo locale significa “piccola grande pietra”.
Si tratta di un grosso affioramento calcareo dovuto a forti spinte tettoniche. Uno sperone roccioso che sembra inspiegabilmente uscire dal terreno argilloso e che a vederlo sembrerebbe un gigantesco frammento di meteorite piombato in quell’area dallo spazio.
Alla sommità della roccia, usata in passato come rifugio dei briganti, i resti di un antico fortino.
Tutto intorno altri massi, più piccoli, conficcati nel terreno, quasi fossero schegge di una grande esplosione avvenuta in tempi lontani, che contribuiscono a conferire a tutta l’area, circondata da increspature calanchive, atmosfere di grande suggestione.
Pisticci, il paese bianco della Basilicata
Intorno a Pisticci (MT), che sorge su un’altura attorno alla quale si sgretolano i paesaggi lunari calanchivi, si aprono autentici panorami dell’anima che conferiscono a tutta l’area suggestioni davvero mistiche e inedite che la accomunano a immaginarie e lontane terre desertiche.
Su uno dei tanti precipizi argillosi sorge il cosiddetto quartiere Dirupo, costruito rispettando la volontà della popolazione di non abbandonare il paese per trasferirsi in una zona più sicura, dopo una gigantesca frana che nel 1688 divise praticamente in due l’antico centro abitato, metà del quale fu trascinato a valle e inghiottito dallo smottamento.
Si tratta di una piccola rarità urbanistica.
Quest’ultima è la parte alta e più antica della città che si sviluppa intorno al castello medievale, della cui antica struttura è rimasta solo una parte, e alla cinquecentesca chiesa dei Santi Pietro e Paolo, edificata su una precedente costruzione duecentesca di cui rimane ancora il bellissimo campanile.
L’interno è impreziosito da decorazioni cinque-seicentesche con le sue lunghe file di piccole case bianche a un piano, le cosiddette “casedde”, tutte allineate all’ombra della Terravecchia e da diversi dipinti del ‘700, mentre all’esterno, sul sagrato, lo sguardo spazia libero fino al mare. Sono davvero tanti i luoghi che sorgono sia nel centro abitato che nel circondario.
Fra questi la seicentesca, anche se in seguito rimaneggiata, chiesa di Sant’Antonio, con all’interno diverse opere d’arte sei- settecentesche fra cui dipinti di Giovanni Tommaso Guarini e Andrea Vaccaro, mentre fra quelle nei dintorni del paese spicca sicuramente l’Abbazia di Santa Maria del Casale, del XIII secolo, anche se il nucleo originario pare risalga in realtà al XI secolo, alla quale si accede tramite uno splendido portale trecentesco.
Il Pittore di Pisticci e la pittura a figure rosse
Nel circondario pisticcese, non solo sono disseminate diverse antiche torri d’avvistamento, come la Accio e la Minnaia, direttamente collegate, nell’ambito del sistema di protezione del territorio, alla Torre Bruni, che si trova invece nel centro storico, ma anche c’è un ricchissimo scrigno per quel che riguarda l’archeologia classica.
Molti sono, infatti, i reperti venuti alla luce dalle diverse necropoli che costellano il territorio con manufatti che testimoniano una fiorente attività artigianale locale nella lavorazione della ceramica a partire dal VII secolo A.C., oggi presenti nei musei regionali ma anche all’estero.
Al British Museum di Londra, per esempio, sono esposti alcuni straordinari vasi realizzati dal ceramografo italiota rimasto noto nella storia col nome di Pittore di Pisticci (V secolo A.C.), il primo a utilizzare nelle colonie della Magna Grecia la pittura a figure rosse per la decorazione dei vasi.
Nei pressi della frazione di Marconia (MT) merita infine una sosta la masseria fortificata del cosidetto castello di San Basilio, il cui nucleo originario – era un complesso religioso basiliano – risale al V secolo, trasformato poi in castello, poco dopo il Mille, da Ruggero il Normanno.
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Spiagge selvagge, incontaminate e l’eden naturalistico
Qui il mare è così pulito che gli ampi arenili, soprattutto quelli verso la foce del Sinni, sono stati eletti luogo di riproduzione da alcune rare specie di tartarughe marine, quali la Dermochelide e la Caretta caretta, che vi nidificano fra metà Giugno e metà Agosto.
D’altronde non bisogna dimenticare che in soli trentacinque chilometri di costa si riversano nel mare, dopo aver attraversato gran parte del territorio regionale, partendo dalle zone più montuose e boscose della parte occidentale della regione, ben cinque fiumi che, con le loro foci creano zone umide caratterizzate da ecosistemi di straordinaria ricchezza, habitat perfetti per tantissime specie animali, fra cui molti uccelli migratori.
Tra questi fenicotteri, gru, cicogne e poi aironi cenerini, albanelle reali, nibbi bruni, falchi pescatori, pittime reali, gallinelle d’acqua, migliarini di palude, e così via, che rendono le foci di Basento, Bradano, Sinni, Agri e Cavone autentici paradisi per gli amanti del birdwatching e della natura in generale.
L’apoteosi, in ambito naturalistico, ma anche scientifico, la si raggiunge, a ridosso della foce del Sinni, nella Riserva Regionale Oasi WWF Bosco Pantano di Policoro (MT), in cui intricate paludi e vegetazione la rendono simile a una foresta equatoriale, ultima testimonianza della gigantesca foresta planiziaria di latifoglie che un tempo ricopriva gran parte della costa jonica spingendosi con la sua folta e impenetrabile vegetazione fino al mare.
I lidi e fondali sabbiosi perfetti per il turismo familiare
Parola d’ordine: Varietà e servizi.
Sulle spiagge servizi adeguati sia per chi cerca il relax assoluto che il divertimento. Sono in grado di andare incontro alle esigenze più disparate dei visitatori e accontentare un pò tutti i portafogli.
Spazio, dunque, a strutture e lidi attrezzati dove poter trovare ogni sorta di divertimento e animazione oppure a quelli che offrono servizi ad hoc per il turismo familiare o per chi vuole cimentarsi in sports.
Non mancano, infine, spiagge più isolate e selvagge, orlate da dune e macchia mediterranea, per chi è alla ricerca dei silenzi e dell’assoluta tranquillità o vuole andare alla scoperta delle bellezze paesaggistiche del circondario attraverso escursioni in mountain bike, a piedi o a cavallo.
Ma anche Vela e Green
Gli amanti dello sport possono cimentarsi in golf, vela, surf, canoa, immersioni e molto altro.
Fra questi, per quanto riguarda la vela, grazie ai venti ottimali che la interessano, la costa è un vero eden per gli amanti di questo sport.
Molto attivo è, infatti, il Circolo Velico Lucano, con sede presso la Riserva Naturalistica del Bosco Pantano di Policoro (MT), che organizza anche corsi di windsurf, canoa, sci nautico e kitesurf, la nuova disciplina che dalle Hawaii si sta diffondendo velocemente in tutto il mondo e che consta di una tavola da cui si manovra l’aquilone collegato da alcuni cavi ad un’apposita barra di controllo.
Il circolo è affiliato alla Federazione Italiana Vela ed è stato riconosciuto come Centro tecnico federale.
Fra le svariate attività anche quella relativa all’istituzione della prima scuola nazionale di Match Race, specialità agonistica diventata famosa attraverso l’America’s Cup.
I cultori del golf possono trovare, invece, il loro paradiso nel Golf Club Riva dei Tessali, uno dei più famosi del Meridione, immerso fra agrumeti, vigneti e vegetazione mediterranea non lontano dal mare.
Il percorso di diciotto buche da campionato, lungo oltre seimila metri, par 72, SR 130, presenta un tracciato molto aperto con fairways larghi e green ondulati, frammezzato da bunker e suggestivi laghetti.
Il Porto degli Argonauti per esplorare la costa
Si tratta del primo porto turistico per la nautica da diporto della costa jonica lucana e sorge a Marina di Pisticci (MT) in una posizione ideale per andare alla scoperta delle coste regionali ma anche di Calabria, Puglia, Eolie e Sicilia, oltre che della Turchia e della Grecia.
Progettato dall’architetto Luigi Vietti e dall’ingegnere Antonio De Nicolò, progettisti anche del resort che lo accoglie, e dai professori Alberto Noli e Alessandro Togna che hanno curato, invece, la progettazione di opere idrauliche e marittime, è stato inaugurato di recente e offre tutta una serie di servizi che vanno dalla videosorveglianza all’assistenza agli ormeggi, dai pontili fissi alle infrastrutture nautiche, dal varo delle imbarcazioni alla manutenzione dei natanti.
Un approdo per imbarcazioni di piccolo-medio cabotaggio in grado di ospitare 450 natanti.
Munito di un comodo canale d’accesso il porto si sviluppa in due darsene interne, profonde fino a tre metri e mezzo con pontili fissi e mobili.
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Dolci e sabbiosi fondali jonici
Diversamente dalla costa di Maratea (Pz) sul versante tirrenico, più profondo e roccioso, i fondali jonici rimangono più sabbiosi e meno profondi.
Nella parte più prossima alla costa, fino a dieci metri di profondità, sono presenti sabbie medio-fini e fini abitate da molluschi fra cui vongole, telline, tartufi di mare, cannolicchi, mitili.
Un pò più lontano, fra dieci e quindici metri di profondità, proliferano, invece, ricci di mare, stelle marine, seppie e polpi, mentre fra i quindici e i venti metri si trovano soprattutto molluschi quali il ginocchiello e il murice spinoso.
Oltre questa profondità e fino a cinquecento metri, troviamo, infine, fondi fangosi e d’argilla abitati da tonni, pesci spada, verdesche, dove peraltro non è raro avvistare anche delfini.
La foca monaca, la regina assediata del Mar Mediterraneo
La costa jonica, con i suoi habitat protetti, è uno degli ultimi avamposti-rifugio per specie rare, come la foca-monaca, ricomparsa recentemente nei pressi della Riserva del Bosco Pantano di Policoro (MT). Il rarissimo pinnipede è un animale affascinante che non teme l’uomo e che ha in genere grande intesa con i sub.
Nell’antichità era molto comune nel Mediterraneo, Mar Nero e costa atlantica e africana e vederla era per i marinai greci di buon auspicio, tant’è che, sacra ad Apollo e Poseidone, ne parlano nei loro scritti anche Aristotele ed Omero. Ma dai Romani in poi la sua popolazione ha cominciato praticamente ad essere decimata per via delle pelli e del grasso utilizzati a vari scopi.
La foca monaca, minacciata in altre parti del mondo, è stata avvistata di recente nell’Oasi.
Oggi, complice l’inquinamento, la pesca industriale e il turismo di massa, non esistono più in Italia colonie di foche e nel Mediterraneo si stima che vivano meno di cinquecento esemplari.
Si tratta, quindi, per Policoro di un importante avvistamento che apre ben auguranti scenari anche riguardo alla ricerca etologica.
La Riserva del Bosco Pantano di Policoro, uno scrigno naturalistico e archeologico
Dell’originaria Foresta del Pantano oggi rimangono circa millecento ettari, mix incredibile di lussureggiante vegetazione e intricate aree paludose.
Frassini, ontani neri, pioppi bianchi, oltre a cerri, aceri e olmi campestri e molte altre specie arboree, spesso ricoperte da impenetrabili rampicanti, fanno da rifugio sicuro a ricci, lepri, istrici, volpi, faine, tassi, lontre e tartarughe marine, oltre a più di centocinquanta specie di uccelli e circa duemila specie di coleotteri.
Chiudono il tratto lucano della costa le sabbiose e tranquille spiagge Marina di Rotondella (MT) e Marina di Nova Siri (MT) con la sua possente Torre Bollita, eretta nel 1520 per tenere sotto controllo il mare e le coste insidiate dalle incursioni saracene.
Norman Douglas in tal modo descrisse, nel suo “Old Calabria”, il labirinto verdeggiante del Bosco di Policoro che con le
sue paludi si spinge fino al mare.
Quel mare che da tempi immemori ha sempre segnato l’identità più profonda di questa terra trasformadosi, a seconda del periodo storico, da minaccia, come nel caso delle razzie piratesche, a opportunità e fonte straordinaria di ricchezza e d’incontro con altre civiltà, essenza, quest’ultima, che la stessa conformazione geografica della costa suggerisce.
L’intero litorale jonico, d’altronde, dal tacco della Puglia fino alla punta più estrema della Calabria, è come se disegnasse col suo andamento circolare due braccia immaginarie, due sottili lembi di terra che circoscrivono e abbracciano tutto lo Jonio, accogliendo tutto quanto di buono da essa provenga.
L’Oasi è l’esempio raro di bosco planiziale sul mare, resto di una gigantesca ed antica foresta.
Come i vascelli che a partire dal VII secolo A.C. cominciarono a solcare queste pacifiche acque seguendo le rotte tracciate secoli prima dai commercianti micenei, che avevano descritto la pianura lucana come terra provvida e fertilissima, e ricca di corsi d’acqua navigabili. Condussero su queste sponde alcune delle menti più eccelse del tempo, come Pitagora, per esempio, che a Metapontum trascorse l’ultimo periodo della sua lunga vita morendovi intorno al 495 A.C., che erano spesso in cerca di avventura e nuovi orizzonti, ma anche in fuga da rivalità e lotte di potere interne che stavano tramutando gli antichi splendori della madrepatria in gabbia per l’estro e l’ingegno, i quali invece anche in Lucania, come nel resto della Magna Grecia, ebbero modo di esprimersi appieno attraverso la fondazione di floride e importanti colonie, come Metapontum appunto, Siris, Herakleia, l’attuale Policoro (MT) e Pandosia, creata nei dintorni dell’attuale Tursi (MT).
Molte le attività di educazione tenute all’interno della Riserva di Policoro
Gesta di cui restano testimonianze straordinarie nelle diverse aree archeologiche che costellano il territorio.
Si può cominciare questo tuffo nel passato proprio da Metaponto (MT), fondata dagli Achei e tra le più importanti città dell’intera Grecia d’Occidente, fiorente emporio commerciale che dovette gran parte della sua ricchezza economica all’estrema fertilità del territorio, compreso fra i fiumi Bradano e Basento, sul quale sorgeva.
Da questo deriverebbe il nome, “tra due fiumi”, mentre la leggenda vorrebbe la sua fondazione ad opera di Nestore di Pilo, fuggiasco da Troia, nel 773 A.C.
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Rotondella, un balcone naturale sullo Jonio
Rotondella (MT), definita, per la sua straordinaria posizione panoramica, “il Balcone dello Ionio”, si presenta come un suggestivo insieme tondeggiante di archi, scale e vicoli che circolarmente si rincorrono fra loro, che riveste perfettamente e ordinatamente la collina su cui sorge.
Dalla sua sommità si gode una delle viste in assoluto più belle sul circondario, con all’orizzonte l’azzurro del mare, intorno bionde colline e più in lontananza le gigantesche vette del Pollino, in inverno perennemente ricoperte dal bianco della neve.
Molto caratteristica la sua struttura urbanistica a spirale che custodisce suggestivi vicoli collegati l’uno all’altro da cunicoli e gradinate che si snodano fra diversi palazzotti nobiliari adornati da portali e mascheroni in pietra.
Sicuramente da vedere sono: la massiccia torre d’avvistamento cinquecentesca, insieme alla barocca chiesa Madre, dedicata alla Madonna delle Grazie, e alla chiesa di Sant’Antonio da Padova, parte integrante dell’ex-convento seicentesco dei francescani.
Policoro, la città delle fragole
Il centro abitato di Policoro (MT) si sviluppò in maniera organica a partire dalla Riforma agraria del 1950 ed è dominato dalla possente sagoma del castello baronale, le cui origini risalgono al trecento, anche se appare oggi in forme settecentesche esattamente come la non lontana chiesetta rurale della Madonna del Ponte che custodisce una scultura lignea della Madonna da cui prende il nome, risalente al XIII-XIV secolo.
La cittadina è circondata da enormi distese di floridi terreni dove si coltiva di tutto grazie al clima umido e temperato che caratterizza questi luoghi, soprattutto ortaggi e frutta che sono in pole position in questa terra baciata dal sole, fra cui spiccano le pregiatissime fragole dal sapore zuccherino che sono valse a Policoro il nome di “Città delle fragole”.
E d’altronde tutta la Piana del Metapontino, resa fertilissima oltre che dal clima anche dai cinque fiumi che l’attraversano, è una terra in cui madre natura è particolarmente generosa e sulla quale si coltivano prodotti agricoli di primissima qualità come pesche, albicocche, susine, fragole appunto, arance, clementine, uve da tavola,cavolfiori ,finocchi, insalata, asparagi, melanzane, pomodori, peperoni e tanto altro.