I Laghi di Monticchio: due vere “Perle della natura”
I Laghi di Monticchio, benvenuti nella Riserva naturale protetta e sito archeologico di grande pregio nel cuore dell’area nota come
“Il Vulture“, nella Basilicata settentrionale, testimonianza tangibile ancora oggi di una storia ultramillenaria, ricchissimo e affascinante scrigno naturalistico con le sue specie di flora e di fauna prettamente endemiche.
Un’oasi di pace e di verde, ideale non solo per rilassarsi del tutto e riconciliarsi con sé stessi, ma anche per praticare studi e ricerche di educazione ambientale.
I Laghi di Monticchio: origine
La nascita dei Laghi di Monticchio è una storia che affonda le sue radici a circa 750 mila anni fa. In pratica, essi si trovano nell’antica caldera del Vulture, un vulcano dormiente, alto 1326 MT, il cui nome deriva dal latino “Vultur”, ossia “Rapace”, e che ha dato la denominazione a tutta l’area ricadente attorno ad esso, sita nel Nord della Basilicata, esattamente nella provincia di Potenza.
Le colate laviche succedutesi in vari periodi, hanno reso man mano questa terra veramente ubertosissima. In essa, in effetti, fruttifica in maniera prospera la varietà di olivo Ogliarola del Vulture detta anche “Rapollese” o “nostrale”, di colore giallo ambrato con riflessi verdi e di sapore fruttato con un lieve tono piccante, ed è, per di più, la patria del celeberrimo e prelibato vino Aglianico, insignito del marchio DOC già dal 1971, definito comunemente “Il Barolo del Sud” e “Il Re dei vini”, dal sapore intenso e vellutato, color rosso rubino, viene coltivato fino ai 800 metri di altitudine ed invecchiato in apposite grotte ricavate nel tufo lungo i fianchi del Monte Vulture.
E, come se non bastasse, l’area è rinomata in qualità di importante centro estrattivo di acque minerali, in quanto dalle pendici del Vulcano quiescente sgorgano sorgenti di acque pure e frizzanti, dalle interessanti proprietà curative per le patologie epato-biliari e che nel tempo hanno dato vita a marchi famosi a livello nazionale, primari nel comparto della produzione di acque effervescenti, quali la Gaudianello e Fonti del Vulture, che hanno lo stabilimento proprio nella vicina frazione di Monticchio Bagni, e altri quali Toka, Solaria e Felicia.
L’ultima eruzione del Vulcano Vulture si fa risalire all’incirca a 130 mila anni fa.
I Laghi di Monticchio: la storia del territorio
Il territorio tutto intorno ai Laghi di Monticchio ha origini abbastanza incerte. Quel che è dato di conoscere con sicurezza è che i Normanni furono tra i primi popoli che l’abitarono, la loro presenza è, infatti, storicamente attestata presso il castello esistente nella frazione limitrofa di Monticchio Sgarroni, comunemente indicato come “Castrum Monticuli”.
In seguito, tra il X ed XIII secolo, in tutta quanta la zona si verificò un massiccio afflusso di comunità monastiche e, tra queste, in primis, a partire dal X secolo, i Monaci Basiliani, fuggiti dai propri paesi a causa delle persecuzioni legate alle cosiddette “Guerre iconoclastiche” ( le lotte contro le immagini sacre) volute dall’Imperatore Leone III, detto “L’Isaurico”.
Qui i Monaci eremiti seppero dar origine a uno dei più grandiosi insediamenti, che ben presto fu al centro dell’attenzione di Pontefici e Sovrani.
Dopo i Basiliani, fu la volta dell’Ordine dei Benedettini, che occupò stabilmente l’area, quasi, un modo per limitare alquanto l’influenza della potente Chiesa di Bisanzio. E pure i Benedettini hanno disseminato nel territorio numerose tracce della loro presenza visibili tutt’oggi in significativi monumenti religiosi.
Successivamente, nel Vulture si stabilirono gli Svevi. E lo stesso Imperatore Federico II, il “Puer Apuliae”, era solito mettere in pratica nei boschi di Monticchio quella era una delle sue più grandi passioni, ossia la caccia con il falcone.
Nel trascorrere dei secoli, non si ha notizia di accadimenti di un certo rilievo, eccetto per la parentesi del triste fenomento del Brigantaggio che nell’Ottocento interessò fortemente diverse zone della Basilicata. I Briganti, a Monticchio, data la presenza di fittissime boscaglie, trovarono il luogo idoneo dove nascondersi a seguito delle loro scorribande.
Tra i Briganti che operarono nell’area di Monticchio e, più in generale, nel Vulture, alcuni dei nomi che restano ancora oggi nella memoria collettiva sono: Carmine Crocco, Ninco Nanco, Giuseppe Caruso, Caporal Teodoro e Giovanni “Coppa” Fortunato.
I Laghi di Monticchio: le loro caratteristiche
I Laghi di Monticchio occupano le bocche spente del Vulcano Vulture, esattamente sono ubicate sulla sua falda Sud-Occidentale di quello che è considerato il Vulcano più antico dell’Appennino Meridionale. E la frazione di Monticchio, dalla quale essi prendono il nome, fa parte del Comune di Atella (PZ).
Comunemente chiamati “i Gemelli del Vulture”, si distinguono in Lago Piccolo, situato a 658 MT, avente il perimetro di 1800 MT e l’estensione di 16 Ettari, più frequentemente soggetto a fenomeni di intorbidamento, e, Lago Grande, a quota 656 MT, il cui perimetro è 2700 MT e l’estensione di 38 Ettari, e pur essendo intercomunicanti tra loro, nell’osservarli attentamente, si nota che il loro colore differisce, infatti, il Piccolo ha un colore verdastro, mentre, il Grande tende al verde oliva. Essi sono separati mediante un istmo largo 215 MT.
Il Lago Piccolo viene alimentato da sorgenti subacquee, per poi defluire mediante un ruscello della portata di 57 litri al secondo nel Lago Grande. Tutti e due i Laghi sono a forma ellittica, in alcuni punti raggiungono persino la profondità di 60 MT ed è noto che essi hanno la temperatura più elevata dei laghi d’Italia.
Per quanto riguarda le specie floricole, lungo le rive sono presenti roveri e faggi, mentre, nelle acque abbondano le ninfee.
Per quello che concerne le specie ittiche, le acque dei due laghi sono ricche di anguille, triotti, persici reali, carpe, carassi, gambusie, tinche, persici trota e le alborelle appenniniche, quest’ultima, in particolare, segnalata come specie indigena.
Si menziona, inoltre, che attorno al Lago Piccolo, sin dal 1971, è stata istituita la riserva naturale regionale, estesa per 187 Ettari, con la specifica finalità di tutelare la Brahmaea europaea, una rara farfalla notturna di origine asiatica, scoperta nel 1963 dall’entomologo altoatesino Federico Hartig, che qui ha il suo Habitat e che rappresenta l’unica specie europea della famiglia delle Brahmaeidae.
La riserva regionale del Lago Piccolo accoglie anche altre specie di fauna quali la lontra, il gatto selvatico, l’istrice, la puzzola, lo scoiattolo nero, il moscardino ed il quercino italico.
I Laghi di Monticchio: Cosa Fare
Ai Laghi di Monticchio ampia e variegata è la scelta delle cose da fare per trascorrere il tempo, di certo, non ci si annoia!!!
Per una totale fruizione delle attività, il periodo migliore per andarci va da aprile fino a settembre-metà ottobre. Tanto per cominciare, i due Laghi sono avvolti da una rigogliosissima foresta, che fornisce un patrimonio ambientale e botanico veramente ricco e di grande interesse, e che, quindi, offre lo spunto per tante emozionanti ed istruttive escursioni naturalistiche.
Ma anche:
–gite in battello o in pedalò sul Lago Piccolo
–giri in bici e in carrozza attorno ad entrambi i Laghi
–degustazioni di vino Aglianico accompagnate dai tipici prodotti da forno nelle numerose aziende vitivinicole
–visite ai principali Monumenti
–shopping di prodotti agro-alimentari e di artigianato nei vari negozietti e botteghe disseminati lungo il Lago Piccolo
–assaggiare la cucina locale nei localini, ristoranti, bistrot e agriturismo presenti in gran numero.
I Laghi di Monticchio: Cosa Vedere nei dintorni
Il Castello
Del castello di Monticchio, per molte ragioni, fra le quali i diversi terremoti accaduti nel Vulture non restano che pochi ruderi.
Sito in Monticchio Sgarroni, nella località San Vito, ad un’altezza di più di 700 MT, si ipotizza che sia stato eretto prima dell’arrivo dei Normanni, si ritiene che sia uno dei castelli più antichi della zona e che consti di tre diverse fasi di costruzione databili dal I al XIV secolo.
In epoca medievale, fu continuamente feudo di vari signori. Nel 1072, Abelardo, figlio del conte normanno Umfredo d’Altavilla, giunse fin sull’Ofanto per occupare il Castello di Monticchio, l’intero Vulture e la valle di Vitalba. E poi, ancora, esso fu riconquistato da Roberto il Guiscardo.
L’Abbazia di San Michele Arcangelo
L’Abbazia benedettina di San Michele Arcangelo è un tempio sorto attorno ad una grotta basiliana, che, a sua volta, era ubicata su un luogo di culto frequentato già dal IV-III secolo A.C. Dapprima appartenuta, quindi, ai Monaci Basiliani, passò nelle mani dei Benedettini, per essere, più in là, abbandonata a causa di un terremoto avvenuto nel 1456.
Ai Benedettini seguirono i Cappuccini, che vi realizzarono una biblioteca e un lanificio, e, per finire, all’Ordine Militare Costantiniano, che ne la governò sino al 1866.
Il complesso abbaziale si compone di un monastero con diversi piani e di una chiesa settecentesca, a tre navate, con soffitto a finte capriate lignee, che dopo i recenti restauri si presenta priva di opere d’arte in esuberanza, ma bella e solenne.
In più, presenta la parte presbiteriale che è la stessa grotta che, un tempo, era il romitorio per i Monaci Basiliani e che conserva ancora ora affreschi bizantineggianti della metà dell’XI secolo. Viene identificata come la Cappella di San Michele o anche come La Grotta dell’Angelo.
La Chiesa abbaziale di San Michele, fra gli altri motivi d’interesse nel visitarla, in quanto si specchia direttamente sul Lago Piccolo, consente di godere di un panorama meraviglioso su entrambi i Laghi e su tutto il circondario.
Per quanto concerne i locali dell’ex-convento, a partire dal 20 dicembre 2008 ospitano quella che, a giusto titolo, è oggi da considerare come un’eccellenza culturale dell’area e anche dell’intera regione, il Museo di Storia naturale del Vulture (che costituisce uno dei temi principali del presente articolo e che, sotto, verrà trattato in modo più approfondito) che, nato da un’idea del professor Renato Spicciarelli e gestito dalla Provincia di Potenza, si prefigge l’importante fine di interpretare la storia del Vulture, attraverso percorsi incentrati sul Vulcano, dalla sua lontanissima origine fino ai giorni nostri, sui fenomeni del vulcanesimo, sulla vita degli animali e sull’Uomo preistorico.
Insomma, un autentico viaggio indietro nel tempo grazie all’ausilio di grandi schermi e delle più avanzate tecnologie multimediali!
L’Abbazia di Sant’Ippolito
La Badia di Sant’Ippolito è attualmente nello stato di rudere. Situata in posizione intermedia tra il Lago Piccolo e il Lago Grande e databile al XI-XII secolo, si tratta di un altro importante e florido Monastero basiliano, trasmesso in seguito ai Benedettini, in buona parte distrutto dal terremoto del 1456 e poi abbandonato.
Dai pochi resti che oggigiorno si conservano si riesce ad evincere che essa era composta da una sola navata e si possono osservare i pilastri e le absidi. E’ ben noto, oltretutto, che durante l’epoca della presenza della dinastia sveva all’interno del Vulture, la badia abbia subito anche rifacimenti e restauri in stile svevo.
I Laghi di Monticchio: i prodotti e i piatti tipici
Nel territorio di Monticchio, e più in generale del Vulture, anche dal punto di vista gastronomico, c’è tanto da scoprire e da assaggiare. Iniziando dal vino Aglianico, all’olio extravergine prodotto con l’oliva “Ogliarola“, poi, i salumi, fra i quali primeggiano salsiccie e pancette, i formaggi, tra cui il ben noto Pecorino di Filiano, vero e proprio must.
Fra le specialità che eccelgono si annoverano: “U’cutturiedd”, un lessato fatto sul fuoco all’aperto, cucinato con verdure varie ed aromi, il brasato all’Aglianico, le frittelle con zucchero e miele, le crostate con sanguinaccio (sangue di maiale, cacao, uva passa, spezie), i biscotti con mandorle e vino cotto e i calzoncelli ripieni di crema di ceci e castagne.
I Laghi di Monticchio: il Museo di Storia naturale del Vulture
Il Museo di Storia naturale del Vulture è ospitato nell’Abbazia dedicata al culto di San Michele, della quale occupa i primi due livelli e parte del terzo. Al quarto (e ultimo livello) è presente la chiesa con la Grotta dell’Arcangelo Michele.
La struttura è collocata dove anticamente, tra il X e XI secolo, vissero alcuni monaci Basiliani di rito orientale. Questi realizzarono una “Laura”, eleggendo la Grande Grotta a Santuario di San Michele. Nel 1059 giunse a Monticchio Papa Niccolò II che, in occasione di un Concilio tenutosi a Melfi, consacrò al culto latino lo stesso Santuario con la sua piccola edicola dagli ornamenti bizantini. Nel XVII secolo si insediarono nell’Abbazia i Cappuccini che vi rimasero fino al 13 agosto 1886, giorno in cui furono soppresse le corporazioni religiose e tutte le loro proprietà vennero avocate dallo Stato. Solo con il Concordato una parte della Badia (la chiesa ed alcuni locali ad essa annessi) venne restituita alla chiesa.
Nel Museo si racconta la storia del vulcano. Gli allestimenti sono stati immaginati e realizzati pensando ad un percorso a ritroso nel tempo: parte dall’oggi per arrivare ai terremoti ed alle esplosioni che contribuirono a costituire il primordiale cono vulcanico, circa 750.000 anni fa.
In questo cammino siete guidati idealmente dalle muse della natura:Fauna, Flora e Gea.
Il Museo è inserito nel medesimo contesto naturale che racconta: dalle sue finestre o dai suoi terrazzi vi appariranno molti degli interpreti della storia narrata.
Primo livello
Il Cammino dell’Uomo
Qui si racconta della presenza dell’Uomo nel Vulture. Al centro degli avvenimenti vi sono certamente il cenobio, il culto e la devozione a San Michele Arcangelo. Nel periodo postunitario ha avuto termine la lunga presenza dei Cappuccini a Monticchio, forse, anche a causa dell’ospitalità concessa al famoso “Generale” dei Briganti Carmine Crocco. Furono proprio i Cappuccini a dare inizio nel Seicento alla costruzione dell’Abbazia di San Michele e ad ultimarla tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento.
In precedenza, nella lingua di terra tra i due Laghi, i Benedettini avevano costruito l’Abbazia di Sant’Ippolito in originalissimo modulo bizantino. Era divenuta, tra il XIII e XIV secolo, un complesso monumentale al centro di un sito dalla grande valenza economica, causa inevitabile, di discordie e contrasti nella vita della stessa comunità abbaziale. Al successivo tracollo spirituale ed economico della comunità religiosa si aggiunse la distruzione dell’edificio a causa del terribile terremoto del 5 dicembre 1456.
La Via di Fauna
Dal Vulture Federico IIdi Svevia trasse ispirazione per la scrittura del “De Arte venandi cum avibus“.
Tra i boschi e le radure catturava rapaci da addestrare poi alla caccia. Molti orsi utilizzati nei circhi romani provenivano da quest’area naturale, incrocio della Via Herculea e della Via Appia. Alcuni scavi archeologici hanno portato alla luce numerosissimi fossili che offrono un panorama diversificato e interessante di una fauna ormai scomparsa. Dei cervi vengono rappresentati da un cacciatore mesolitico nel sito denominato “Serra Pisconi”. Nel Pleistocene Superiore, invece, elefanti, ippopotami, tigri dai denti a sciabola dimorarono in questi luoghi contemporaneamente all’Uomo di Atella, tra i primi ominidi ad attuare la caccia grossa.
La Via di Flora
La flora vanta una biodiversità straordinaria. Su tre leggii è possibile sfogliare alcune pagine dell’Erbario del Vulture. Tantissimi sono gli alberi, gli arbusti, le piante erbacee, officinali, medicali e rare che arricchiscono i tanti habitat che compongono gli ambienti naturali presenti sulle pendici del vulcano. Una specie, il “Garofano del Vulture“, è stata descritta per la prima volta proprio su questa montagna, dai due grandi accademici napoletani Tenore e Gussone.
L’Acquario e la Via di Gea
Durante il loro viaggio da Salerno al Monte Vulture, i due Botanici partenopei trovarono interessante nei Laghi di Monticchio anche un piccolo pesce, successivamente denominato “Alborella Vulturina“. Nell’acquario sono presenti piante acquatiche e pesci che albergano nei due Laghi.
Nella via di Gea si racconta, invece, dell’origine e delle eruzioni del vulcano. Con il vostro passaggio lascerete le impronte, così come quella volta a …. Laetoli.
Seguono un piccolo campionario di rocce del Vulture, due tombe e una grotta basiliana. Poco distante, in un’altra grotta, scorgerete un piccolo frammento di vita di un ominide vissuto nel Vulture oltre 600.000 anni fa.
Secondo livello
Gli Habitat e le collezioni
Superati pochi gradini di una scala in ferro, si arriva nell’area museale dedicata agli ambienti naturali del Vulture che si sono formati negli ultimi 100.000 anni, a vulcano quiescente. I diversi spazi evidenziano la preziosa biodiversità che, oggi, costituisce motivo di protezione, tutela e salvaguardia da parte dell’Uomo.
Sono esposte parti delle collezioni di cui è ricco il museo. I pannelli approfondiscono alcuni temi e fenomeni: l’inversione delle fasce fitoclimatiche, la storia raccontata dai pollini depositatisi sui fondali del Lago Grande. Un touch-screen permette di conoscere gli habitat e le specie rare e significative da tutelare. Mentre, alcuni altri reperti, una xiloteca e due cannocchiali, le cui visuali si affacciano direttamente sui Laghi, consentono al visitatore un approccio senza veli alla natura appena oltre le mura museali.
La Culla della Bramea
Uno spazio esclusivo è riservato alla Bramea, la falena a cui è dedicato l’intero museo. Questo piccolo essere è presente unicamente nel Vulture, ma non è solo questo a renderlo eccezionale. Esso è un fossile vivente, un relitto che ci giunge dal Miocene.
E’ un animale miracolosamente scampato all’estinzione, un lepidottero antico che ritroviamo ancora in vita in un piccolissimo bosco del Vulture. Due stanze raccontano la sua storia: la prima è dedicata agli uomini che l’hanno studiato e protetto, la seconda al suo fascino antico.
Il Bookshop
Al termine della visita, nell’area dedicata al bookshop, il visitatore può, grazie ad un touch-screen, approfondire le sue conoscenze sul territorio e programmare ulteriori percorsi e visite fuori dal museo.
Terzo livello
I Laboratori didattici
Un’area ampia e attrezzata del museo è a disposizionedi scuole e associazioni per partecipare ai laboratori.
Una biblioteca raccoglie, invece, riviste e volumi attinenti la storia e la natura del Vulture.
Quarto livello
La Grande Grotta
Nella chiesa è possibile visitare “l’alta caverna del Vulture a piombo sul cratere”, nella quale nel IX secolo i Monaci Basiliani si dedicarono al culto micaelico.
Essi stessi, probabilmente, inserirono nella grande laura un’edicola con la “Deesis” (la preghiera) affrescata sulla parete di fondo. La rappresentazione pittorica mostra rigorosamente al centro il Cristo, di dimensione maggiore rispetto alla Madonna e a San Giovanni. La facciata e una scala che porta all’edicola presentano ancora resti dell’antico mosaico a disegni geometrici, composto di pietre bianche e pezzi di lava.
Da alcuni anni, dopo lunghi periodi di chiusura per lavori, nel servizio della parrocchia di Monticchio sono stati chiamati i Frati Minori Conventuali residenti nel Convento di Sant’Antonio di Melfi (PZ).
Per visite guidate, escursioni, vacanze, degustazioni, esperienze e percorsi didattici ai Laghi di Monticchio