La Gastronomia della Basilicata:
una regione, due mari e un melting pot gastronomico
La gastronomia della Basilicata significa scoperta di un universo di prodotti sani e genuini come in poche parti al mondo in una sola regione che dispone di paesaggi che variano notevolmente in pochi chilometri: dalle coste, ora frastagliate, ora sabbiose, ai laghi e alle montagne, dai castelli alle masserie.
La gastronomia della Basilicata
un oasi di delizie da non credere!!!
La gastronomia della Basilicata è fatta di tutta una serie di antiche tradizioni e marchi di tutela. Ecco perché non è difficile gustare nei ristoranti, nelle trattorie, nelle osterie e nelle aziende agrituristiche caciocavalli di mucca podolica, salumi di maiali nutriti con ghiande, formaggi impreziositi con spezie profumate provenienti dagli altopiani, carni genuine sapientemente trasformate in piatti d’alta qualità.
La Basilicata a tavola
In Basilicata esiste un patrimonio ambientale sano e sicuro di aria pulita e acque sorgive, dove gli Enotri insediarono i primi vigneti (l’Ellenico, oggi Aglianico), gli Svevi coltivarono, importandolo dal Nord Europa, il rafano, usato ancora abitualmente in molte aree interne, e gli Arabi portarono le arance, il gileppo, l’uva sultanina e le mandorle.
Qui gli Spagnoli coltivarono – importandolo dalle Antille – il peperone di Senise con metodi di cottura, come quello “a scapece”, ancora oggi usati localmente (sbollentatura in acqua e aceto per evitare la formazione del botulino) e introdussero le grattonate (trippe tritate e bollite in brodo di carne), i millinfanti (piccoli semi di farina impastati e grattati bolliti in brodi) o le minestre di mollignani (melanzane).
Infine, furono i Francesi a introdurre il biancomangiare (preparato utilizzando latte e pasta), la porrata, le zuppe di piselli con cacio e uova, le torte di sanguinaccio e i migliacci.
Al tempo attuale, la conservazione e coltivazione dei prodotti autoctoni ha permesso l’istituzione di varie IGP (Indicazione geografica protetta), come il peperone crusco di Senise, i fagioli di Sarconi, e, IGT (Indicazione geografica tipica), fra cui il vino Grottino di Roccanova.
Godono altrettanto del marchio IGP i fagioli di Rotonda, il pecorino di Filiano, il canestrato di Moliterno, l’olio extravergine di oliva ricavato dalla coltivazione delle olive maiatiche dei Calanchi lucani e delle olive ogliarola del Vulture Melfese, l’albicocca di Policoro e le castagne di Melfi.
Inoltre, sono sotto presidio di tutela poiché in via d’estinzione, il finocchio e il sedano di Senise, il percoco pu pizzilo di Sant’Arcangelo, le arance a stacce di Tursi e la pera Sabbella di San Giorgio Lucano.
E ancora, vanno ricordati sotto il marchio DOC, il vino Aglianico, presente in tutte le migliori cantine, e il pane di Matera.
Cucina e religione
In Basilicata il rapporto tra cibo e religione è sempre stato molto vivo: numerose sono, infatti, le tradizioni gastronomiche e folkloristiche che affondano le loro origini nelle credenze religiose.
Anticamente, durante le festività dell’Ascensione, era vietato cagliare il latte. Per questa ragione, i pastori lo regalavano agli abitanti che, bollitolo con delle tagliatelle sottili, lo condivano con zucchero e cannella.
Il 13 dicembre, giorno dedicato a Santa Lucia, veniva preparata la cuccia, grano bollito con miele e sapa (vino cotto). La tradizione vuole che dopo essere stata cotta nella pignatta, la cuccia venga lasciata sotto il camino affinché la santa vi posi il proprio piede, buon augurio per il riposo invernale dei terreni agricoli e per la fioritura primaverile. Ancora, la vigilia di Natale il pasto è costituito da ben nove portate che, secondo una credenza popolare, rappresentano le nove case cui la Madonna bussò per essere rifocillata prima di partorire.
I Lucani e la Lucanica
“Lucanicam dicunt quod milites a Lucanis dicerent” (chiamano Lucanica quella carne di maiale insaccata in budello che i nostri soldati affermano venire dai Lucani). Così Marco Terenzio Varrone (116 – 27 A.C.) certificava le origini della salsiccia, comunemente chiamata Lucanica o Luganega, oggi diffusissima in tutta Europa, prodotta con carne di maiale proveniente da animali allevati allo stato semi brado in tutto il territorio regionale.
Alla salsiccia classica si affiancano numerose varietà di insaccati prodotti in tutta la Basilicata da decine di piccole aziende. Ecco allora nascere salumi insaporiti con polvere di peperone, con pepe in grani, con il finocchietto oppure con il vino bianco; schiacciate a “soppressata” e capicolli, pancette stese affumicate o arrotolate, ventresche e guanciali, prosciutti stagionati naturalmente e spalle affumicate.
Oltre a piccoli tesori culinari, prodotti con sistemi rigorosamente biologici, come la mortadella prodotta a Latronico o le salsicce soppressate del Parco Nazionale del Pollino (così chiamate perché, una volta insaccata la carne nell’intestino largo, vengono bucherellate, messe sotto pressa e quindi stagionate).
Biscotti, focacce e torte
La cucina regionale lucana offre biscotti, torte artigianali, focacce di casa e, soprattutto, pane cotto nel forno a legna: in ogni area c’è un modo particolare di prepararlo, con la farina di grano duro, con farina di grano “cappella” misto a farina di crusca, integrale o con erbe aromatiche, con il miele o con le uova.
E ancora, prodotti da forno che si tramandano da generazioni quali taralli, biscotti dolci e salati, con la glassa o le mandorle; insaporiti con origano o peperoncino, oppure guarniti con scaglie di cioccolato o panna fresca.
Formaggi e conserve
Pascoli incontaminati, erbe profumate e professionalità delle aziende casearie lucane: una felice combinazione che esalta il sapore di formaggi divenuti oramai celebri: caprini freschi e stagionati, ricotte, treccine, mozzarelle, caciocavalli, scamorze, manteche (scamorze ripiene di burro), casieddu, caprini a palla avvolti in foglie di felci, tume, pallacci, giuncate.
La tutela di questi tesori dell’arte casearia da allevamento a pascolo è affidata all’ANFOSC (Associazione Nazionale Formaggio Sotto il Cielo), artefice della rinascita dei formaggi lucani.
I Frutti di bosco
Lucania, da Lucus (bosco): funghi e tartufi, quindi, che abilmente trasformati da aziende locali, offrono sapori indimenticabili. Conservati in olio o aceto e trasformati in salse, sono preziosi gregari dei piatti della cucina tradizionale.
Ma i boschi della Basilicata sono anche prodighi di frutti di bosco di ogni genere che vanno ad arricchire il già ricco panorama gastronomico regionale. Lamponi, uva spina, mirtilli, ribes nero, ribes rosso e more, opportunamente preparati, vengono trasformati in golosi ed eleganti piatti nei migliori alberghi e ristoranti.
Il vino Aglianico e il Vulture
Il Monte Vulture ha dato i natali più di 2500 anni fa all’Aglianico, chiamato prima Ellenico perché importato in Lucania dai Greci.
Questo vino, cui i terreni vulcanici dell’area danno un carattere di unicità, ha assunto la DOC nel 1971; prodotto solo nei Comuni del Vulture Melfese e coltivato in zone collinari che vanno dai 200 ai 700 metri di altitudine, ha colore rosso rubino con riflessi violacei tendenti all’arancione, profumo intenso con sentori di frutta di bosco e una gradazione alcolica compresa tra 12° e 13,5°.
E’ preferibile consumarlo dopo almeno 2 anni di invecchiamento ed è compagno ideale di arrosti, carni alla griglia e cacciagione.
In Basilicata troviamo numerosi altri vini, tutti con l’Indicazione geografica tipica, tesa a valorizzare i vitigni autoctoni. Sono ottimi abbinati a formaggi, carni, salumi e sott’oli.
Fra questi ricordiamo il Castelluccio/Massanova a Senise, il Coccaro a Carbone, il Graziano a Roccanova, il Pisani a Viggiano, il Lunati a Nova Siri, il Dragone e il Falciglia a Matera, l’Aglianico San Biagio, mirabilmente promosso da Progetto DiVino, nella città di Matera e l’Acheruntina di Acerenza.
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